CONSIGLI PER FARE DEI RITRATTI: CHI SIAMO, DA DOVE VENIAMO, DOVE ANDIAMO?

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Come si interrogava il pittore Paul Gauguin nell’opera a cui allude il titolo di questo post, forse possiamo interrogarci ancora oggi noi stessi tramite l’immortale tema del ritratto/autoritratto.

La parola “ritratto” significa trattare di nuovo, ovvero riproporre, quindi rappresentare, cioè ri-presentare. Quello del ritratto è uno dei temi che ha accompagnato l’uomo fin dalla sua comparsa sulla Terra, quando lasciando l’impronta della sua mano sulle pareti delle grotte in cui abitava, intendeva raccontare di sé, intendeva dire “Io sono qui”! Anche se ad essere raffigurato non era un viso ma una parte del corpo, quella parte indicava il tutto, la presenza fisica, costituiva un autoritratto a tutti gli effetti.

Ecco che il ritratto nasce in primo luogo come autoritratto, come un bisogno incontenibile di comunicazione ma anche di indagine su se stessi in rapporto alla natura o spesso in rapporto solo a se stessi. Senza tralasciare i significati apotropaici legati a quel segno impresso dall’uomo primitivo nelle grotte. Dai primi graffiti a oggi, il ritratto e l’autoritratto hanno mutato forma passando attraverso la rappresentazione pittorica, il disegno, la scultura, la descrizione letteraria o l’epigrafe, questo prima dell’avvento della fotografia. Con questa moderna tecnica tutto è diventato più veloce e alla portata di tutti (ahimè non sempre è un aspetto positivo!).

Il ritratto, secondo alcune credenze che si perdono nella notte dei tempi, è una sorta di furto dell’anima a danno del soggetto immortalato. A me invece piace pensare più semplicemente che sia un tributo alla persona, un supporto iconografico ad un ricordo, una testimonianza di esistenza per le generazioni future o un’indagine sull’essere umano. Il concetto di ritratto implica molteplici sfaccettature, è proprio questo che lo rende un tema così longevo e sempre contemporaneo.

Un ritratto può essere di tipo documentaristico (ricerche antropologiche), criminologico (identikit), scolastico (annuario del college), ludico (travestimento, caricatura), inconsapevole (ritratti rubati nella street photography), professionale (book per agenzie di moda o pubblicità), effimero (scatti quotidiani in situazioni comuni). In ogni caso, che lo si approcci in maniera seria o in maniera più soft, il ritratto e l’autoritratto rimangono pur sempre una traccia indelebile destinata a sopravviverci, o per un certo Dorian Gray, destinata a invecchiare al posto nostro!

Parlando della mia esperienza personale, quando ritraggo una persona mi piace che questa abbia un atteggiamento spontaneo. Negli scatti apparentemente in posa realizzati da me, lo studio e l’organizzazione dell’immagine si limitano all’ambiente, agli oggetti e in rari casi alla postura del corpo. Per il resto il soggetto è libero di assumere l’espressione che più preferisce, anzi proprio per evitare un’eccessiva finzione solitamente scatto a sorpresa, magari mentre sto ancora parlando con il mio soggetto. La spontaneità in questo modo è garantita (attenti alle smorfie in agguato!!). A volte capita che la persona mi chieda “Come devo mettermi? Devo sorridere o rimanere seria?”, solitamente rispondo “Fai come vuoi” e neanche finisco di dire la frase che ho già scattato. Insomma cerco di ridurre al minimo il mio intervento sulla persona e concentrarmi maggiormente sulla “cornice”.

Non ci sono regole specifiche da tenere a mente se non quelle più comuni riguardanti la composizione e la luce. Il consiglio che posso dare io è quello di cercare di colpire l’occhio dell’osservatore, catturare la sua attenzione e magari costringerlo a soffermarsi un attimo di più davanti all’immagine. Questo lo si può fare in tanti modi: per esempio fornendo un punto di vista insolito, scorciato, dal basso o dall’alto; “nascondendo” il ritratto in uno specchio o in un riflesso; inserendo nella composizione degli elementi discordanti; o ancora giocando con luci e ombre, utilizzando la luce come una matita per sottolineare e l’ombra come una gomma per cancellare; oppure fotografando un particolare del corpo, lasciando all’immaginazione il compito di completare l’immagine. Infine bisogna sempre tenere a mente che un ritratto non deve per forza canonicamente rimanere legato al volto o al corpo di una persona. Ritratto è qualsiasi cosa che parli di una persona in particolare o di un tipo (nel senso di tipologia, categoria) senza per forza raffigurarla in carne e ossa.

Alcune note tecniche:

- A meno che non si voglia deliberatamente mimetizzare il soggetto con lo sfondo è sempre preferibile staccare la figura nettamente da questo per attribuirle maggiore visibilità. Questo si può fare utilizzando uno sfondo naturale a tinta unita (come il cielo o un muro intonacato) o artificiale (nel caso di foto in studio). Se non se ne ha la possibilità allora si può aprire al massimo il diaframma (2.8 o 1.4) per sfocare lo sfondo.

- Utilizzare preferibilmente macchine che aiutino nella composizione dell’immagine, per esempio fotocamere con mirino a pozzetto.

- Se si intende conferire un fascino immortale alla foto preferire una pellicola bianco e nero ad una a colori.

- Il formato quadrato è più statico rispetto al formato rettangolare.

Vi presento qui di seguito alcuni miei ritratti divisi in due gruppi. In questo primo gruppo ho incluso quei ritratti scattati un po’ per gioco e un po’ per caso, a volte scatti rubati, a volte classiche fotografie da conservare per ricordo.

In questo secondo gruppo ho raccolto i ritratti un po’ più studiati, con una preparazione preventiva riguardo alla luce, la composizione e con la “complicità” dei modelli!

E voi come raccontate voi stessi? E come raccontate gli altri? E’ sempre una sfida intrigante!

Scritto da cryboy il 2013-08-20 in #gear #tutorials #art #tipster #portrait-selfportrait-autoritratto-ritratto-art-picture-square-format-analogue-bw-color-negative-tlr

2 Commenti

  1. gibri
    gibri ·

    ottimo articolo! complimenti!

  2. cryboy
    cryboy ·

    @gibri grazie :)

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