Il potere dei volti: Daniel Farber Huang e Theresa Menders fotografano rifugiati

Attraverso il loro progetto "The Power of Faces," Daniel Farber Huang e Theresa Menders hanno immortalato dei rifugiati in giro per il mondo per donargli delle foto stampate che altrimenti non avrebbero potuto avere. Leggi la nostra intervista a riguardo.

Daniel, Theresa e le loro fotocamere istantanee in azione. ©The Power of Faces

Ciao Daniel e Theresa, benvenuti in Lomography! Presentatevi pure alla nostra community e raccontateci un po' della vostra formazione.

Theresa: Essere qui con voi è un piacere. Siamo fotografi di documentari impegnati ad aumentare la consapevolezza di temi umanitari attorno al mondo e davvero molto coinvolti nella crisi globale dei rifugiati. Inoltre, siamo marito e moglie. Per anni abbiamo lavorato per informare meglio riguardo alle situazioni di donne, bambini e dei poveri. Abbiamo collaborato in progetti nella Repubblica di Vanuatu, ad Haiti, in Colombia, in Guatemala, a El Salvador, in Honduras, in India, Cina e, più recentemente, in Grecia, Turchia, Messico e Bangladesh.

Daniel: Lavoriamo per aumentare la consapevolezza di temi riguardo persone e idee che concernono l'umanità e per raggiungere persone, organizzazioni e nazioni che potrebbero aiutarci. Siamo come luci fioche, perché il nostro schierarci o "combattere" non è supportato o spesso persino visto dal resto del mondo. Possiamo raccontare l'interno della tenda di un rifugiato, occupazioni e baracche, progetti di co-abitazione e posti trascurati dove le persone ancora sperano e lavorano per un futuro migliore. Quando la luce è poca o filtrata, spesso proviene da una finestra sporca o da una piccola lampada a led e ci si presentano due scelte: spendere momenti preziosi focalizzandoci sui nostri strumenti oppure spendere quel tempo per creare delle connessioni più forti con le persone che vivono lì.

Ci sforziamo di mostrare alle persone che vivono con scarsa illuminazione la loro migliore luce personale, ovvero il loro coraggio, bellezza, dignità e grazia, qualunque siano le circostanze. Essere accolti con le nostre fotocamere implica la loro fiducia e noi la mostreremo sinceramente al mondo, non meglio né peggio di quanto la loro realtà imponga. È nostro dovere nei confronti del mondo mostrare ciò che vediamo in una luce autentica e precisa.

Dal Messico. ©The Power of Faces

Il vostro progetto The Power of Faces sta portando l'attenzione su persone che sono costrette a lasciare le loro case. Costringe il pubblico a guardare direttamente negli occhi di coloro che normalmente sono raffigurati semplicemente come una folla anonima e senza volto. Cosa ha innescato l'idea di questo progetto fotografico e come si fa a portarlo avanti?

Theresa: Le Nazioni Unite hanno definito la Crisi globale dei rifugiati "la più grande crisi umanitaria del nostro tempo". Oltre 70 milioni di uomini, donne e bambini sono stati costretti a fuggire dalle loro case a causa di conflitti e persecuzioni. Ciò equivale a una persona che diventa un rifugiato ogni due secondi. Ogni. Due. Secondi.

All'inizio del 2017 documentavamo la crisi dei rifugiati sull'isola di Chios, in Grecia, dove migliaia di persone vivevano in tende di plastica durante il gelido inverno nel campo profughi di Souda. Anche se le condizioni di vita erano terribili e le persone soffrivano su più piani, siamo rimasti sorpresi da come così tanti individui fossero calorosi e accoglienti con noi. Eravamo lì per capire la situazione. Il messaggio che i rifugiati volevano che condividessimo con il resto del mondo era che non erano terroristi e che volevano solo trovare sicurezza. Quel campo profughi era in pratica lungo la riva del Mar Egeo, che molte persone attraversavano dalla Turchia su barche sovraffollate. Molti rifugiati avevano perso i loro documenti e se le loro barche si fossero rovesciate o fossero annegate attraversando l'oceano, non sarebbero rimaste tracce della loro esistenza, il che è fondamentalmente sbagliato.

Anche se molte persone avevano i propri smartphone, le persone spesso ci chiedevano di scattare loro una foto, non sapendo necessariamente cosa potessimo o non potessimo fare con la loro immagine in seguito. Ma capivano che eravamo vicini alla loro situazione. Ci siamo resi conto che avere una foto scattata da qualcun'altro può essere una traccia. Mostra a qualcun altro che i loro documenti non erano importanti quanto la loro identità come individui.

Con la tua formazione nel campo dei documentari, perché hai scelto il format del ritratto per questo progetto specifico (invece di documentare il viaggio dei rifugiati, ad esempio)?

Daniel: In realtà, documentiamo tutto ciò che possiamo riguardo questo argomento. Abbiamo migliaia di immagini che raccontano le condizioni di vita orribili a cui sono sottoposti uomini, donne e bambini e la costante lotta che i rifugiati stanno affrontando. Nel corso del tempo, i mezzi di informazione hanno spento il dialogo riguardo questo problema globale. Così il pubblico può diventare insensibile anche vedendo immagini strazianti a riguardo.

La risposta del pubblico a The Power of Faces è stata estremamente positiva e crediamo che, a modo suo, ciò sia edificante. Ci può essere la tendenza per alcuni a confondere coloro che vivono in una situazione crudele, sporca o pericolosa con persone altrettanto maligne, ma in questo caso si sbagliano di grosso. Prendendo ritratti appropriati degli sfollati, posti di fronte ai nostri sfondi colorati, togliamo intenzionalmente il contesto dei campi profughi per mostrarli come individui, non solo come rifugiati. Crediamo anche che, se le persone possono prendere un momento per guardare negli occhi di uno sconosciuto, forse avranno meno paura di qualsiasi "straniero" in futuro. Speriamo che questi ritratti possano aiutare a stimolare nuove persone ad affrontare questa crisi, oltre a ri-energizzare quelle persone che stanno già aiutando come possono.

Raccontateci un po' delle vostre esperienze e dei vostri traguardi raggiunti grazie a The Power of Faces.

Theresa: Il nostro obiettivo è semplice. Vogliamo sensibilizzare il pubblico più che possiamo riguardo la crisi dei rifugiati in modo che nessuno possa dire: “Non lo sapevo”. Stiamo andando di continuo in giro per gli Stati Uniti con mostre, presentazioni e dibattiti riguardo la fotografia, oltre a pubblicare articoli e immagini online. The Power of Faces è stato presentato al quartier generale delle Nazioni Unite a New York City, di Amnesty International a Chicago, Boston e Philadelphia, al Middle East Institute (un laboratorio d'idee non partigiano) a Washington (DC), a numerose università, college, gallerie senza scopo di lucro e altre istituzioni. Speriamo di contribuire positivamente al dialogo pubblico sui rifugiati e di condividere informazioni tali da fornire strumenti per una conversazione corretta riguardo questa crisi.

Dal Bangladesh. ©The Power of Faces

Ci avete contattato dicendo che vi sarebbe piaciuto molto usare la Lomo'Instant Wide per portare avanti The Power of Faces. Perché avete scelto questa fotocamera per il vostro progetto?

Daniel: La maggior parte dei rifugiati ha perso i loro beni personali, incluse le loro preziose foto di famiglia. Crediamo che avere una foto fisica di famiglia o di amici possa essere una cosa speciale da tenere in mano e può essere un grande conforto nei momenti di bisogno. Un elemento importante di The Power of Faces non è solo la nostra abilità nello scattare foto, ma anche di dare foto fisiche a chi incontriamo. Mentre lavoravamo nei campi profughi in Grecia, Turchia, Messico e Bangladesh, abbiamo distribuito migliaia di foto fisiche gratuitamente. Alcune persone ci hanno dato la possibilità di condividerle con il resto del mondo e abbiamo utilizzato quei ritratti per aumentare la consapevolezza del nostro pubblico.

Abbiamo usato la Lomo'Instant Wide nel campo rifugiati di Balukhali in Bangladesh ad April 2019. Lìabbiamo scelta perché sapevamo che avremmo lavorato nei campi senza elettricità, cioè che non avremmo potuto usare stampanti o computer per stampare le foto. Il formato largo della Lomo'Instant Wide era ideale per i ritratti, anche per il fatto che spesso scattavamo foto di gruppo dei residenti. E volevamo anche dare alle persone una foto fisica che potesse avere un valore particolare per loro, date le dimensioni maggiori delle istantanee rispetto al solito. Abbiamo dato le stampe della Lomo'Instant Wide alle persone nei campi e scattato foto digitali per motivi di pubblicazione.

Dalla Grecia. ©The Power of Faces

Quali sono i vostri piani e le vostre speranze per il futuro del progetto?

Theresa: Questa crisi durerà ancora per anni se non generazioni prima che si risolva (anche se non è facile predire come e quando si risolverà davvero). La nostra intenzione è quella di continuare il progetto andando in più campi rifugiati attorno al mondo e dando più fotografie da tenere come ricordo alle persone. Vogliamo avvicinarci sempre più alla situazione quotidiana della Siria, forse andando nei campi ad est della Turchia o della Giordania, così come in regioni dell'Africa e dell'America Latina. Vogliamo tenere in evidenza questa crisi così da poter rendere partecipi quante più persone possibili.


Leggete qualcosa in più riguardo al loro progetto qui e seguiteli su Instagram per ricevere aggiornamenti.

Scritto da Luca Mantenuto il 2020-01-07 in #cultura #persone #luoghi

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