Lomography Incontra Ariya Karataş

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"I'm into film photography, although it makes me cry sometimes." Quando apri la sua LomoHome, Ariya si presenta così al mondo analogico. Conosciamola meglio in questa intervista!

Ciao Ariya, benvenuta! Potresti fare una breve introduzione per i lettori del nostro Online Magazine?

Mi chiamo Ariya. Sono di origini russe e curde. Ho vissuto i primi anni dell’infanzia tra la Bulgaria e la Turchia. Sono arrivata in Italia quando avevo 9 anni e ho vissuto la maggior parte delle mia vita qui dove ho fatto le scuole a Lodi e ora vivo a Bologna. Ho 23 anni e mi occupo soprattutto del mio benessere interiore, facendo ciò che più mi appassiona, ovvero la fotografia e la poesia, fortunatamente due cose che possono convivere perfettamente in sintonia.

Quando sei venuta a conoscenza della Community Lomography?

A dire la verità, ho un ricordo molto vago e penso di essere capitata su Lomography per la prima volta quando ero ancora adolescente, ma sono entrata a far parte della Community ufficialmente all’incirca un anno fa.

Parlaci del tuo background. Quando è iniziato il tuo viaggio nel mondo della fotografia?

Probabilmente nel 2007 quando dissi ai miei con grande sicurezza che da grande avrei lavorato come fotografa. Per il mio undicesimo compleanno, mi regalarono una reflex che smisi di usare subito dopo aver riscontrato le prime difficoltà tecniche, essendo anche una persona affetta da discalculia tutti i numeri che vedevo mi hanno terrorizzata a morte. Qualche anno dopo, da adolescenti, io e la mia migliore amica che riuscivo a vedere per pochi giorni durante le vacanze estive, sceglievamo di occupare il nostro tempo organizzando dei veri e propri shooting. Ricordo che prima di partire consultavo il libro “100 Creatori di moda contemporanea” Ed. Taschen che a quei tempi consideravo come la mia Bibbia.

Sceglievamo meticolosamente gli outfit sponsorizzati dal negozio dell’usato di mia nonna, le location invece venivano scelte durante camminate infinite sotto il sole cocente, era la cosa che ci legava di più, poi tornavamo a casa e scaricavamo le schede SD e ci mettevamo subito al lavoro su vari programmi per editing che andavano forte ai tempi tra gli adolescenti. Negli anni successivi ho continuato più o meno sulla stessa strada, posavo per le mie amiche fotografe, ma ci tenevo a creare il concept specifico dietro le foto.

Abbandonai la fotografia quando avevo 17 anni fino a un anno e mezzo fa quando mio zio mi regalò casualmente quella che oggi è la mia adorata Minoltina. Fu una vera e propria riscoperta, questa volta ero pronta ad affrontare e superare tutte le difficoltà che mi avevano terrorizzata ai tempi. Sono tornata in Italia dopo un anno frustrante in Belgio, sicura della strada che volevo intraprendere. Qualche mese dopo comprai il mio primo medio formato, la Yashica Mat e poche settimane fa la mia seconda digitale. Che cosa posso dire? É stato un percorso lungo e tortuoso, ma ne è valsa la pena.

Come ti sei avvicinata al mondo analogico?

Era il giorno del funerale di mio padre; negli ultimi anni della sua vita mio padre adottò uno stile di vita minimalista che i miei parenti più benestanti non comprendevano, perciò volevano evitare che io vedessi casa sua. Mi portarono vari oggetti suoi nei giorni precedenti, mentre era ancora in coma, ma io non ero soddisfatta affatto. Sentivo che qualcosa mancava, così quel giorno convinsi i miei cugini a portarmi a casa sua. Tra tutti i suoi averi c’erano un paio di valigie che una volta aperte contenevano dei mattoncini di foto avvolti in carta da giornale in ordine cronologico per ogni periodo della sua vita, in quel momento sapevo che la mia ricerca era finita. Quella sera proposi ai miei parenti di sederci tutti insieme e guardare le foto. Molti di loro non sapevano nemmeno l’esistenza di alcune delle foto che avevamo rispolverato. Guardare le fotografie di famiglia è un rito doloroso, ma allo stesso tempo piacevole. Ci ricorda tutti i cambiamenti inevitabili della vita, belli o brutti non importa, alcuni di quei momenti sono stati catturati, tutto ciò che è stato e non sarà mai più, ma tu hai la fortuna di tenerlo tra le mani e ricordarlo esattamente per come era quel momento.

Eravamo in una decina e proposi a tutti di scegliere sotto la mia sorveglianza due foto che volevano tenersi come ricordo. A un certo punto mio zio disse "Ti ho portato una busta con oggetti che ci tengo a regalarti" - tra loro c’era una Minolta x300s - "Non so se ti interessa, é una macchina fotografica analogica sai, devi usare un rullino". Quel momento è ciò che io definisco “perfect timing”. La mia vita è cambiata esattamente in quell'istante.

Credits: ariyakaratas

Qual'è la tua fotocamera preferita?

Sicuramente la mia Minolta x300s, oltre al valore affettivo, non mi ha mai deluso.

Se dovessi scegliere un solo formato da usare sempre, quale sceglieresti tra 35 e 120mm e perché?

Non penso di poter fare una scelta in questo caso. Sono una persona che si adatta facilmente alle situazioni, trovo sempre il modo di ottenere il risultato che voglio con quello che ho a disposizione e mi piace sfidare me stessa. Ho notato che uso la mia Yashica negli attimi più tranquilli e intimi, ma penso sia semplicemente una questione di praticità essendo una macchina che non ha l’esposimetro integrato. Ci metto più tempo a scattare una foto per cui preferisco farlo in una situazione di serenità. Nel progetto “Tutti Vogliono Tornare” avevo dato precedenza al medio formato, perchè l’ambiente mi sembrava sconfinato, quindi volevo rinchiuderlo dentro una cartolina, nelle foto sono sempre alla ricerca dell’intimità e il formato non è fattore vincolante.

Credits: ariyakaratas

Che tipo di attrezzatura fotografica non può mancare nei tuoi viaggi?

Indubbiamente la Minolta x300s, una point and shoot fa sempre comodo e molto spesso la mia istantanea, Polaroid 645.

Da dove trai ispirazione per i tuoi scatti?

Penso che il modo migliore per ispirarsi sia osservare tutto, essere curiosi e non sforzarsi mai, soprattutto nei periodi di carenza creativa. Ho creato poche regole personali per non ostruire il flusso di energia creativa. Seguo sempre ciò che mi attira e solitamente mi porta a scoprire novità di cui avevo bisogno. Non cerco mai la foto/progetto che potrebbe colpire il pubblico, ma solo ciò che mi potrebbe dare soddisfazione personale. Restringere il campo in questo modo, mi aiuta a rimanere sempre con la mente fresca e se non lo é, riposo senza sensi di colpa. Domani andrà diversamente. L’ispirazione ha bisogno di un terreno fertile e clima favorevole.

Credits: ariyakaratas

Chi sono i fotografi che segui?

In questo caso penso di essere una pessima fotografa! Apprezzo molti lavori di fotografi che mi capita di vedere casualmente o facendo ricerca, ma non seguo nessuno in modo particolare.

Credits: ariyakaratas

Hai qualche progetto o collaborazione interessante in programma?

Ho cominciato da poco con il mio progetto (al momento senza nome), che riguarda una delle sfaccettature del lutto e ciò che ne rimane. Sono alla costante ricerca di persone che abbiano subito una perdita importante da inserire in questo lavoro che mi sta particolarmente a cuore. Inoltre sto lavorando su una raccolta di poesie accompagnata da immagini d’archivio. I progetti sono tanti, temo che una vita non mi basterà!

Credits: ariyakaratas

Segui Ariya sulla sua LomoHome e sul suo profilo Instagram.

Scritto da melissaperitore il 2021-08-09 in #cultura #persone

2 Commenti

  1. zahre
    zahre ·

    @ARIYAKARATAS è molto toccante quello che hai raccontato, grazie! la fotografia è la tua strada.

  2. ariyakaratas
    ariyakaratas ·

    @zahre Grazie mille <3

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