THE PEOPLE IN BETWEEN, Mostra Fotografica di Marco Gualazzini

Parmacotto Group presenta al pubblico una selezione dei più importanti reportage del fotografo Marco Gualazzini in zone del mondo toccate da crisi umanitarie e conflitti.

© Marco Gualazzini

L’inferno visto con gli occhi e la fotocamera del reporter in paesi quali la Repubblica Democratica del Congo, la Somalia, il Ciad, la Nigeria, il Kenya, in 30 immagini rappresentative di un percorso iconografico e visivo drammaticamente attuale.

Curata da Roberto Mutti, storico, critico e docente di fotografia, la mostra THE PEOPLE IN BETWEEN è accompagnata da un catalogo, anch’esso a cura di Roberto Mutti, realizzato grazie alla holding Synergetic di Parma, dell’imprenditore e collezionista Giampaolo Cagnin.

Nato a Parma nel 1976, Marco Gualazzini, dopo aver iniziato la sua attività giornalistica alla Gazzetta di Parma, ha collaborato come fotoreporter con prestigiose testate nazionali e internazionali, ricevendo importanti riconoscimenti tra i quali nel 2013 il Getty Images Grants for Editorial Photography e nel 2019 il World Press Photo 2019 Photo Contest, Environment stories.

Marco Gualazzini appartiene a quella generazione di giovani autori autenticamente legati allo spirito del fotoreportage: per questo vive la sua professione come una necessità e sente quindi nel profondo la responsabilità di quanto intende raccontare.Il fotografo parmense lo fa utilizzando un linguaggio contemporaneo denso e corposo che nulla concede alla retorica né tantomeno alla facile scorciatoia dell’immagine ad effetto che è ricattatoria perché gioca sulle sensazioni “di pancia” e sbagliata perché non si fida dei sentimenti che invece abitano il cervello. Se nei suoi lavori realizzati nei luoghi più sfortunati del mondo non c’è traccia di sensazionalismo è perché Gualazzini sa raccontare la vita in tutte le sue sfumature senza soffermarsi sulla superficie delle cose. È una capacità acquisita in anni di gavetta sul campo: lavorare per un quotidiano per documentare la cronaca gli ha insegnato che tutti gli aspetti della realtà meritano attenzione, anche quelli che appaiono secondari. È un atteggiamento, quello di sentirsi come un ponte fra gli avvenimenti e chi ne viene a conoscenza tramite le sue immagini, che si ritrova pienamente quando dalla quotidianità in fin dei conti rassicurante della sua bella e ordinata città viene scaraventato nella confusa disperazione che serpeggia in un campo profughi africano. Roberto Mutti
© Marco Gualazzini

Il compito di un fotografo come Gualazzini è quello di raccontare storie e per farlo deve raccogliere i mille aspetti di una realtà frammentata, darle un ordine e restituircela senza far perdere nulla della sua complessità, il tutto non ricorrendo al distacco emotivo ma usando con coraggio lo strumento dell’empatia. Per raggiungere questi risultati bisogna immaginare il lungo lavoro che precede lo scatto, lo studio delle situazioni, la ricerca dei giusti interlocutori, la creazione di quella credibilità grazie alla quale si potrà avere accesso a situazioni difficili, a disponibilità meno prevedibili, a dialoghi altrimenti impossibili. In questo e non solo nella scelta dell’inquadratura sta il senso etico del suo agire e non solo del suo: ogni fotografia è un messaggio e come tale viene filtrata non solo dal suo autore e, talvolta, dal soggetto ripreso, ma anche dalle diverse sensibilità del photoeditor che la sceglie dandole il giusto rilievo e di chi la vede decidendo se guardarla distrattamente oppure osservarla con meticolosità.

Per raccontare quel clima di guerra permanente che attraversa il continente africano a un’opinione pubblica che sembra ignorarlo, Marco Gualazzini sceglie un tipo di fotografia molto “pensosa” ma ciò che colpisce è la sua grande capacità di sintesi che si ritrova in una sola immagine. Un vecchio mortaio arrugginito punta inutilmente minaccioso la canna verso il cielo ma sono quattro bambini che lo usano come giocattolo a dirci che forse non tutto è perduto. Di fronte a questi contrasti laceranti bisogna avere il coraggio di guardare avanti recuperando quella dimensione della bontà che si nasconde, ma solo per chi non la vuole guardare, fra le pieghe della realtà. Così, nella spettacolare rovina della cattedrale haitiana di Port-au-Prince distrutta dal terremoto dobbiamo immaginare la bellezza simbolica del rosone ancora intatto.

Il lavoro di Marco Gualazzini è insieme un atto di solidarietà con quel mondo e uno di accusa nei confronti della nostra società indifferente e superficiale. Per farlo gli è bastato andare a cercare l’umanità dove c’è.

© Marco Gualazzini

La mostra fotografica THE PEOPLE IN BETWEEN è allestita presso gli spazi della ex chiesa di San Marcellino di Parma e sarà visibilie fino al 29 maggio.
Guarda tutti i lavori di Marco Gualazzini sul suo profilo Instagram.

Scritto da melissaperitore il 2022-04-26 in #cultura #mostrafotografica

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