Fuggire dalla Guerra: l'Esodo dei Migranti Attraverso una Macchina Fotografica Stenopeica

Cosa succede quando sogniamo? Alcuni studi hanno dimostrato come funziona il cervello durante la fase REM. Quando il sistema motorio emozionale del nostro cervello è attivo, sembra che le parti meno attive siano quelle situate sui lobi frontali. I lobi frontali sono le aree designate al raziocinio, questo può spiegare perché possiamo essere così acritici durante i sogni, accettando gli eventi folli come se fossero reali - fino a quando ci svegliamo. Ma quanto è folle sognare una vita libera dagli orrori della guerra? I fotografi di guerra sono chiamati a illustrare il campo di battaglia e la distruzione che il conflitto lascia dietro di sé. Vediamo la vita sconvolta.

Ci siamo seduti con Fabio Bucciarelli - vincitore del Visa d'Or News (Perpignan), del World Press Photo e del Prix Bayeux-Calvados for War Correspondents, tra molti altri premi - per un'intervista, durante la quale ci ha parlato del suo progetto in corso e del tipo di macchina fotografica stenopeica che ha usato per creare alcune delle immagini raccolte nel suo libro. In The Dream, il fotografo italiano illustra tramite l'uso di una macchina stenopeica, i sogni che i rifugiati hanno per una vita migliore. La macchina fotografica è stata costruita su misura in Abruzzo, dove Fabio ha le sue radici e le sue connessioni, e non è una coincidenza che è in Abruzzo che ha iniziato la sua carriera nel fotogiornalismo, nel 2009, quando ha documentato il terremoto.

Questa intervista è stata adattata per motivi di lunghezza e leggibilità.

Foto 1: Refugees walking from the port to the first reception center in Augusta, Italy, June 2015. Foto 2: A poster destroyed by Islamic State militants in Sirte, Libya, October 2016. © Fabio Bucciarelli

Ciao Fabio e grazie per essere con noi. Come fotografo freelance che fa reportage da zone di conflitto, a volte non c'è molto tempo per prepararsi ad una notizia. Qual è il tuo approccio per coprire una nuova storia? Hai il tempo di fare scelte artistiche come l'uso di una macchina fotografica invece di un'altra?

Prima di tutto, dipende dal progetto e dal tipo di evento conflittuale di cui stiamo parlando. Inizialmente, se dovessi andare in un posto nuovo c'è una fase di pre-produzione in cui si studia la storia di quel paese piuttosto che parlare immediatamente con la gente sul posto. C'è una rete di freelance che fanno parte di una famiglia più grande. Se sono in Sud Sudan, forse posso aiutarti a trovare un posto dove stare e viceversa. Se sei in Etiopia e conosci il territorio, puoi aiutarmi - in questo modo si crea una rete che andrà a costituire anche parte delle tue fonti.

Il tipo di fonti che usi è fondamentale, soprattutto a livello giornalistico. Ancora di più al giorno d'oggi in cui le informazioni e le immagini ci inondano costantemente e il tempo e la concentrazione che la gente impiega per leggere una notizia difficilmente va oltre il titolo, quindi attraverso questo uso compulsivo dei social media, diventa molto complicato capire di cosa parla un post. E la memoria ne soffre molto.

Foto 3: Refugees coming from Sub-Saharan countries waiting in line for the identification process at the port of Messina, Italy, July 2015. Foto 4: Iraqi children after the school set up at Ashti camp, December 2016. © Fabio Bucciarelli

Durante questi momenti di pre-produzione, riesci a darti spazio per l'arte? O si attiene a un approccio puramente giornalistico?

Dipende dal progetto. Nell'eventualità in cui ci sia, il mio approccio artistico è guidato da un contenuto forte. Nel mio progetto 'The Dream' con questa macchina fotografica stenopeica, ci sono motivi per cui c'è un contenuto che va oltre qualsiasi cosa io abbia mai fatto prima nei miei progetti, non è solo estetica. L'idea di usare questa macchina e fare immagini sospese nel tempo e nello spazio per creare immagini oniriche era esattamente quello che cercavo per creare il leitmotiv del libro dove ho combinato diversi stili fotografici. Ci sono più motivi per cui ho scelto questa macchina. Non l'ho voluta perché è cool, ho scelto questa macchina perché voglio creare personaggi.

Questo mi permette di mantenere i migranti fuori dai vincoli del tempo. C'è stato un grande esodo dai Balcani e gli esodi di massa nel mondo continuano a verificarsi, la popolazione mondiale è nomade. Quindi l'idea era di creare immagini che non fossero esattamente giornalisticamente descrittive, ma che dessero l'idea di questo grande esodo, della nascita di una nuova popolazione migrante.

Se guardiamo il ritratto della famiglia siriana Lesbo, questa è una famiglia siriana ma potrebbe anche essere una famiglia di un altro luogo in un altro tempo. Sto parlando del concetto di un'idea di migrazione e ci sono altri tipi di immagini nel libro. Ci sono anche immagini che trattano un discorso più giornalistico ma poiché c'è uno sviluppo narrativo della storia, queste immagini creano un filo conduttore e sostengono la spina dorsale del libro.

La Pinolina. © Fabio Bucciarelli

Parlando specificamente dell'uso della macchina fotografica stenopeica. Come hai gestito l'aspetto tecnico di una lunga esposizione che si scontra con la realtà della situazione?

La macchina è stata realizzata in 6 mesi da un gruppo abruzzese secondo le mie esigenze. Principalmente avevo bisogno di poter scattare dal polso quindi, per prima cosa, hanno creato un otturatore meccanico con una leva in modo da poterlo tenere in mano e usarlo senza spostare troppo l'immagine.

Dopodiché, la dimensione del foro dà una messa a fuoco nitida di due metri. Dato che ha bisogno di molta luce, la maggior parte delle immagini vengono scattate durante il giorno. Ma il tempo di esposizione di solito non è così lungo. Raramente va oltre i due secondi e mezzo. Quindi è ancora abbastanza stabile per quell'effetto di cui parlavamo prima, di dissociazione.

Tutte le foto sono state scattate a mano. Ho fatto mettere dei magneti sotto nel caso volessi usare un supporto, ma non l'ho quasi mai usato. L'intero processo può essere guidato, soprattutto per quanto riguarda quello che dicevamo prima, dal fatto che la velocità influenza ogni fotografia. C'è un processo nell'ottenere un'immagine, si scatta con un'idea in mente poi, ad un certo punto, si acquisisce un certo feeling con la macchina.

Hai sviluppato sul posto o hai fatto sviluppare le immagini in seguito?

Una volta tornato a casa, le ho fatte sviluppare nel laboratorio che ha creato la macchina fotografica. La mia carriera è iniziata dopo il terremoto in Abruzzo, la macchina fotografica stenopeica è stata fatta in Abruzzo e 'The Dream' è stato concepito in Abruzzo, quindi anche gli sviluppi sono stati fatti lì.

Dopo lo sviluppo, ho scannerizzato i negativi con una fotocamera digitale, poi ho iniziato a fare la selezione. Il processo di post-produzione digitale comportava la pulizia del negativo perché potete immaginare che sono andato in molti posti:, Libia, Sud Sudan... quindi i negativi erano così sporchi, il processo era molto più costoso e più lento. È un processo che funziona bene per progetti più lunghi come un libro, ma sarebbe complicato per un incarico editoriale.

Foto 5: A Iraqi woman walking in Tazade camp, Iraq. December 2016. Foto 6: African migrants and refugees, mostly coming from South Saharan countries, at Karareem detention center near Misurata, Libya, September 2016. © Fabio Bucciarelli

Di solito quando si parla di rifugiati, sono ritratti in una forma passiva, molto lenta, spesso stagnante nel limbo dei campi profughi. Invece in The Dream ti sei focalizzato su altri momenti che sono quelli di viaggio, seppur utilizzando un mezzo lento come la fotografia analogica. C'è stata qualche relazione tra l'unione di questi due aspetti?

Secondo me, stiamo toccando un punto chiave per me ed è il tempo; anche a livello informativo. Penso che per ottenere certi tipi di informazioni, ci vuole tempo per entrare in empatia con le persone, per conoscere la zona e per capire la cultura. Quindi, prima di tutto, la mia produzione fotografica è sempre stata legata al corso del tempo. Non ho mai fatto un lavoro "mordi e fuggi". Sono rimasto per un mese o più in Libia occidentale, Siria, Sudan, Messico, Brasile e ora in Ucraina. In questo modo, si ha il tempo di sviluppare una storia e sviluppare informazioni. Questo è fondamentale per contrastare l'effetto delle fake news e la diffusione di informazioni infondate.

Quindi, per rispondere alla sua domanda, l'uso di una macchina analogica va di pari passo con l'idea di un tempo più lungo. Queste foto fanno parte di un progetto più lungo, quindi non c'è bisogno di vedere l'immagine e creare subito una storia perché ci si prende il tempo per capire cos'è l'immagine. Insomma, non è che ci sia un'immagine buona o cattiva. C'è l'immagine che tocca le coscienze, l'immagine che fa pensare, l'immagine che arriva al cuore. È chiaro allora che una fotografia cattura un momento e forse con un foro stenopeico, questo momento è leggermente più lungo. Ma fa tutto parte dell'approccio.

Foto 7: Libyan's fighters on the frontline in Sirte, Libya. October 2016. Foto 8: Portrait of an Iraqi IDP, Sulemainyah Iraq, December 2016. © Fabio Bucciarelli

L'idea di usare questa macchina fotografica era per uscire dallo stereotipo dell'immagine del migrante e se si guarda anche al progetto dei ritratti, i ritratti con il nero tutto intorno decontestualizzano quella persona. Questa potrebbe essere tua sorella, non è legata all'idea di migrante o rifugiato. Nelle mie foto più giornalistiche scattate in Libia, Siria o anche altrove come per esempio durante il reportage sulla pandemia, ho cercato di illustrare la situazione, dare informazioni e risposte, ad esempio come ha colpito i pazienti e le famiglie. Qui, le immagini create con il foro stenopeico sono più aperte: sono fatte in modo da porre più domande piuttosto che dare risposte. È un altro livello di linguaggio, lontano dallo spazio e dal tempo.

Da dove è venuta l'ispirazione per questa idea? Da altri fotografi? Da altri lavori? Da altre idee che hai avuto?

Beh, da altri fotografi direi di no, nel senso che non ho visto molti lavori che hanno usato una macchina come la macchina stenopeica per il fotogiornalismo. Molti dei miei riferimenti vengono dai dipinti. Da quando ero bambino ho guardato molti quadri e possiamo dire che queste immagini sono fotografie impressioniste. Sono immagini dove si vede la luce con spruzzi di colore. Non è realismo ma è un tipo di stile impressionista, che è una specie di riferimento visivo.

Foto 9: A destroyed car in Sirte, Libya, September 2016. Foto 10: Misurata's fighters on the frontline against IS in Sirte, Italy, October 2016. © Fabio Bucciarelli

Dopo 11 anni di lavoro tra il Nord Africa e in Asia occidentale, la fotografia digitale e quella analogica ti hanno aiutato a espandere il tuo modo di raccontare una storia?

Non per ripetermi, ma dipende dal progetto. Su un incarico per un progetto editoriale è difficile usare il mezzo analogico. Tuttavia, la risposta è anche sì. Uso anche la fotografia analogica accanto a quella digitale. Attualmente sto preparando un libro che includera' entrambi.

Pensi che la fotografia analogica, nel dare una sensazione più narrativa alle immagini piuttosto che giornalistica, possa aiutare le persone a vedere certi problemi e conflitti nel mondo in modo diverso?

Se questo è guidato dal contenuto, allora chiaramente si. Non si tratta solo di analogico o di estetica in quanto tale. Non si tratta di digitale contro analogico, è una questione di tempo. Certo, possiamo dire che l'analogico è un approccio più riflessivo, ma è sempre molto importante che sia una riflessione sul contenuto. Anche la fotografia digitale potrebbe esserlo. Per quanto riguarda il fotogiornalismo, un'immagine deve essere supportata da un contenuto. L'estetica da sola non mi basta, ci deve essere una certa logica dietro l'uso di una particolare macchina fotografica.

Il lavoro in questo libro è un tipo di fotografia che si colloca a metà strada tra una fotografia giornalistica e una foto più artistica. Se questo aiuta le persone a ottenere maggiori informazioni, allora è ben accetto. Quando queste foto sono uscite sui media tradizionali, se hanno aiutato le persone ad avere un approccio più riflessivo alla questione dei migranti, allora benvenga. Quindi se lo strumento aiuta a raggiungere lo scopo e incoraggia le persone a pensare più profondamente a queste persone, allora è ben accetto.


Ci auguriamo che questa intervista vi sia piaciuta, lasciate un commento qui sotto se avete altre domande su questo progetto. Potete seguire il lavoro di Fabio Bucciarelli su Instagram.

Scritto da eparrino il 2022-04-28 in #cultura

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