La Sardina DIY Personalizzata da Serena Confalonieri
1 Share TweetSerena Confalonieri è una designer e art director affermata a livello internazionale. I suoi lavori sono caratterizzati da colori e pattern grafici: abbiamo deciso di affidarle una La Sardina DIY da personalizzare e abbiamo fatto una chiacchierata sulla sua storia professionale, sul suo rapporto con la fotografia e sul suo processo creativo.

Ciao Serena, benvenuta! Potresti presentarti ai nostri lettori?
Sono una designer e art director con base a Milano. Lavoro principalmente nel campo del product, interior, graphic e textile design. Dopo gli studi al Politecnico di Milano, ho collezionato una serie di esperienze all’estero, fondamentali nella mia carriera professionale ma anche, e soprattutto, a livello personale. Barcellona, Berlino e New York sono state città che mi hanno permesso di scoprire punti di vista differenti sulla vita e sul lavoro. Da quel momento in poi ho realizzato quanto i viaggi e la scoperta di culture differenti siano importanti nel mio processo creativo.
Nel corso degli anni, ho firmato prodotti e collaborazioni per diversi brand nel settore dell’arredo e del design, tra cui: Azimut Yachts, Carpet Edition, cc-tapis, Maliparmi, Mason Editions, Medulum, Mohebban, Nodus, Porro, Portego, Potocco, Saba Italia, Sambonet, Swatch, Texturae, Wall&Decò. Negli ultimi anni, al design di prodotto ho affiancato una serie di progetti e allestimenti site specific - come il murale di Città Studi e il progetto Quadra realizzato con il Comune di Milano – e alcuni lavori di interior design, come il ristorante 13.10 alle porte di Milano.
Parlaci della tua versione personalizzata de La Sardina DIY. Qual è stata la tua ispirazione/concetto?
Per la realizzazione della mia versione de La Sardinia DIY mi sono ispirata ad alcuni pattern grafici e alla tradizione tessile. La prima reference è un riferimento alla Bauhaus: si tratta dell’opera Black White Yellow di Anni Albers; la seconda ispirazione è invece un oggetto tessile della tradizione sarda realizzato da Fabrizio Sanna. Infine, mi sono ispirata dal contrasto cromatico tipico del Postmodernismo che contraddistingue l’installazione site-specific, dal titolo Mind the gap, realizzata dall’artista francese Nathalie Du Pasquier per la metropolitana di Brescia.
Parlaci del tuo rapporto con la fotografia, e della fotografia analogica in particolare.
La fotografia è da sempre una forma d’arte che mi appassiona molto. In particolare, trovo quella analogica molto interessante perché per me è simbolo di spontaneità. La ricollego a momenti di svago e convivialità, durante i quali scattare foto ricordo con una macchina analogica; il fatto che non si possa decidere di cancellare e riscattare una fotografia rende tutto così vero e diretto.
Qual è il processo artistico che porta alla creazione dei tuoi lavori?
Non c’è un vero e proprio processo standardizzato. Spesso l’ispirazione arriva un po’ all’improvviso; mi piace non lasciarla scappare, a prescindere che poi porti alla realizzazione di qualcosa o meno. Cerco di avere sempre con me fogli e matita perché trovo che il miglior modo per iniziare a lavorare su un’idea sia lo schizzo grafico a mano. Da lì poi faccio ulteriori ricerche e inizio a riportare il progetto sul digitale, dandogli forma e colore.
E la tua più grande fonte di ispirazione?
Trovo fonte di grande ispirazione alcune designer e artiste donna del passato, questo si riflette in molti dei miei progetti. Sin dai primi lavori, ho voluto scoprire e valorizzare alcune discipline tradizionalmente legate a una dimensione artigianale del lavoro, soprattutto femminile. Dal textile al vetro soffiato: trovo che solo recentemente il concetto di design si sia ampliato in questo senso, divenendo più inclusivo. In altri casi, soprattutto nei progetti allestitivi e nelle installazioni artistiche, quello che viene fuori è
espressione della mia parte più emotiva, di sentimenti e ricordi che voglio portare a galla.
C'è stato un lavoro in particolare che ha dato più degli altri una spinta alla tua carriera?
Sicuramente, il progetto che mi ha lanciata nel mondo del design: il tappeto Flamingo per Nodus, presentato al Salone 2013. Da lì sono arrivate diverse altre collaborazioni con aziende importanti, ad esempio con Wall&Decò, CC Tapis, Porro, Sambonet e sono arrivati i primi award e riconoscimenti.
Quando un'azienda ti commissiona un progetto, immagino si aspetti di ricevere un risultato finale che è congruo con il tuo stile, con quello che vedono nel tuo sito e nei tuoi social. Hai mai sentito la necessità di fare qualcosa di completamente diverso?
Nelle collaborazioni con le aziende cerco di mantenere sempre la mia mano, il mio segno, utilizzando elementi decorativi in modo tale che diventino parte integrante del progetto. È comunque sempre importante che gli oggetti siano riconducibili allo stile di un’azienda; quindi, spesso si tratta di un lavoro di attenta ricerca di un equilibrio stilistico e funzionale.
Nella tua carriera hai disegnato moltissimi prodotti, spesso molto diversi tra loro e collaborato con grandi aziende e importanti istituzioni: c'è un settore completamente estraneo al tuo background, ma per il quale ti piacerebbe creare qualcosa?
Un ambito un po’ insolito con il quale mi piacerebbe molto confrontarmi è quello degli interni delle auto: soft, accoglienti, ergonomici, sarebbe bello immaginare una mano femminile in un mondo maschile come quello dell'automotive.
Spesso collabori con piccoli brand di artigianato tradizionale: qual è il valore aggiunto che cerchi di portare a queste realtà?
Ho sempre guardato con interesse alle tecniche tradizionali, chiedendomi poi in tempi più recenti perché nessuno le utilizzasse per creare dei pezzi contemporanei. Quindi ho iniziato a farlo in prima persona, prima con delle autoproduzioni e poi collaborando con alcune realtà. Da una parte, lavorare a stretto contatto con gli artigiani permette di imparare a conoscere il comportamento dei materiali e soprattutto di instaurare un rapporto di complicità nella progettazione tra designer e maker. Dall’altra, mi piace l’idea di non far scomparire, ma anzi portare in luce e valorizzare competenze e mestieri uniche al mondo.
Il progetto a cui sei più legata?
Sicuramente le autoproduzioni sono i progetti a cui sono più affezionata, perché mi consentono di poter esprimere la mia creatività al 100%. Il progetto che mi ha però visto più impegnata nell’ultimo anno è il Ristorante 13.10. Rappresenta una sintesi stilistica della mia estetica e del mio stile, perché ho inserito molti arredi che ho disegnato negli anni per diverse aziende; quindi, sono davvero entusiasta del risultato. È stata la prima volta che mi sono messa alla prova con la progettazione di interni e non nego che mi piacerebbe in futuro confrontarmi sempre di più con progetti di interior: allestimenti, spazi pubblici o privati.
C'è qualche tuo nuovo progetto che vorresti condividere con la nostra Community?
Tra i più recenti e divertenti c’è sicuramente Zdora, il nuovo progetto di cucina, tavolo da pranzo e sedute che ho realizzato in collaborazione con Very Simple Kitchen e La Pietra Compattata. Il pattern della collezione riprende quello della tovaglia, attualizzato e reinterpretato attraverso una selezione cromatica che mi rispecchia molto.

Segui Serena su Instagram e guarda tutti i suoi fantastici lavori sul suo sito.
Scritto da melissaperitore il 2023-02-21 in #gear #persone
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