Centro Italiano della Fotografia d’Autore Presenta: Carla Cerati, Le Scritture dello Sguardo

Inaugura sabato 1° aprile presso il Centro Italiano della Fotografia d’Autore (CIFA) di Bibbiena (AR), la mostra Le scritture dello sguardo, dedicata a Carla Cerati, designata dalla FIAF Grande Autrice della Fotografia Contemporanea per l’anno 2023.

© Carla Cerati

Ben più di un’antologica della sua produzione, la mostra dedicata a Carla Cerati ci aiuta ad entrare in contatto con la forte personalità di questa Autrice espressa nell’impegno civile e alimentata dalle passioni per la scrittura e per la fotografia. Le chiamava “L’una e l’altra” Carla Cerati: due attività che coesistono, ma non si fondono. È sempre un’osservazione della realtà: la fotografia le serve per documentare il presente, la parola per recuperare il passato. L’incontro tra fotografia e testo caratterizza il percorso di Cerati.

Questa mostra presenta una parte importante, ed in alcuni casi meno conosciuta, del lavoro fotografico di Carla Cerati. Il saggio puntuale di Lucia Miodini pubblicato nel volume che accompagna la mostra, oltre che ad analizzare gli aspetti espressivi ed umani, fa emergere il contesto in cui si è svolta la carriera della Cerati, dagli inizi che possiamo definire amatoriali fino alla fase più matura, in cui l’autrice fa della sua Fotografia un impegno civile e sociale.

Carla Cerati si avvicina alla fotografia agli inizi degli anni ‘60 fotografando il suo ambiente famigliare. È un periodo in cui anche grazie al crescente sviluppo economico del dopoguerra, la fotografia diventa una pratica personale diffusa e alla portata anche dei ceti sociali meno abbienti. Per chi come Cerati desidera andare oltre la cosiddetta foto di famiglia e vuole approfondire contenuti e tecnica fotografica, non esistono in Italia, salvo rarissime eccezioni come i corsi attivati dalla Società Umanitaria, ora Bauer, prima scuola pubblica di fotografia fondata nel 1954, altri luoghi da frequentare che i circoli fotografici. Un percorso analogo è stato compiuto da altri fotografi della sua generazione, come ad esempio Gianni Berengo Gardin, Mario De Biasi, Nino Migliori, Fulvio Roiter, che, avvicinatisi alla fotografia frequentando le associazioni fotografiche fin dall’immediato dopo guerra, hanno poi scelto la strada del professionismo sotto varie forme.

© Carla Cerati

Cerati per un certo periodo frequenta il Circolo Fotografico Milanese, che in quegli anni è animato da un intenso dibattito tra coloro che privilegiano visioni di tipo estetico-formale e altri interessati alla ripresa del reale. Fa sua questa seconda visione e decide di avvicinarsi al professionismo. Nata a Bergamo da una famiglia di origine borghese con regole e principi tradizionali molto rigidi, se ne allontana sposandosi a 21 anni. La vita nell’immediato dopo guerra può essere economicamente difficile per dei giovani sposi e per contribuire al bilancio familiare lavora come sarta, prima a Legnano e poi a Milano, dove la coppia si trasferirà nel 1952.

Quando alla fine degli anni ’50 decide di acquistare dal padre una Rollei, ha già potuto assistere al tumultuoso e complesso sviluppo del capoluogo milanese e non resta indifferente ai cambiamenti che ne derivano: il suo stile documentario caratterizzato da un rapporto immediato con il reale, sfocia in una capacità narrativa di tipo sociologico. Guarda ai piccoli eventi del quotidiano e rifugge dagli stereotipi e dalla retorica avvicinandosi per affinità di pensiero e di impegno civile alla concerned photography promossa da Cornell Capa.

Carla Cerati nasce a Bergamo nel 1926, a pochi anni di distanza dalla nascita di Diana Arbus e Richard Avedon. Verso la fine della guerra, intendendo divenire scultrice, Cerati prepara l’esame d’ammissione all’Accademia di Brera passandolo con successo. Tuttavia, le aspettative famigliari dell’epoca la spingono a scegliere la via del matrimonio e così, nel 1947, a 21 anni, Cerati si sposa, rinunciando ad una carriera artistica. Negli anni che seguono, Cerati aiuterà economicamente il marito lavorando come sarta, prima a Legnano e poi a Milano, dove la coppia si trasferirà nel 1952.

Verso la fine degli anni ’50, avendo ormai smesso di lavorare come sarta, Cerati scopre la fotografia, mezzo che inizia ad esplorare in ambito famigliare, ritraendo i suoi bambini e la sua cerchia di amici. Riconoscendo il suo talento, il padre le vende una delle sue macchine fotografiche professionali - una Rollei - che Cerati pagherà a rate e con la quale scatterà le sue prime pellicole professionali. Nel 1960, Cerati chiede il permesso di fotografare le prove dello spettacolo Niente per amore, messo in scena da Franco Enriquez, al Teatro Manzoni di Milano. Le sue foto piacciono a Enriquez, il quale gliene chiede subito alcune da dare in stampa ai giornali. Senza sapere ancora come si sviluppa un rullino, Cerati diventa quindi fotografa professionale.

Nel corso degli anni ’60, la giovane fotografa esplora il mondo a lei circostante, presentando poi le sue fotografie ai maggior periodici illustrati del tempo, quali L’Illustrazione Italiana, Vie Nuove, L’Espresso, Du, Leader. Guidata dalla sua curiosità e dal suo occhio critico, Cerati fotografa la gioventù degli anni ’60, i volti e i luoghi del settore industriale, l’alluvione a Firenze nel ’66, una Milano in pieno cambiamento. Nel 1965, Cerati parte da Milano in macchina con l’idea di raggiungere la punta estrema della Sicilia. Il viaggio darà nascita a diversi servizi fotografici - Maghi e streghe d’Abruzzo, Sicilia uno e due, entrambi poi pubblicati su Leader - e alla cartella fotografica Nove Paesaggi Italiani, con design di Bruno Munari e presentazione di Renato Guttuso, il quale scrisse: “Si guardino queste foto, lentamente e a lungo: vedremo crescere queste immagini, rivelarsi sempre di più”.

© Carla Cerati

In cerca di ‘dramma’ e di passioni, a dispetto della vita tranquilla di Milano degli anni ’60, Cerati si avvicina al teatro. Raggirandosi discretamente fra le quinte, Cerati fotografa gli eventi più eccitanti del mondo dello spettacolo di quegli anni, da Giorgio Strehler ad Eduardo de Filippo; dalla troupe di Tadeusz Kantor, alla troupe di travestiti de La Grande Eugène; dall’attore Carmelo Bene, all’attrice Monica Vitti. La scoperta del Living Theatre nel 1967 segna un momento di cruciale rivelazione nella relazione di Cerati con il mondo del dramma e, fedelmente, Cerati seguirà il gruppo, in Italia e all’estero, per fotografare i loro spettacoli. Nel 1991, prendendo spunto da un tema che percorre quasi tutta la sua carriera fotografica, Cerati presenta diverse sue fotografie nella mostra e relativo catalogo Scena e Fuori Scena, in una riflessione sui confini fra realtà e finzione, vita e teatro.

Istintivamente attratta dai volti delle figure culturali del tempo, Cerati diventa un’assidua frequentatrice della Libreria Einaudi di via Manzoni a Milano, dove - silenziosamente muovendosi fra la folla - ritrae i più grandi nomi del mondo culturale italiano del Dopoguerra, fra cui Gillo Dorfles, Umberto Eco, Salvatore Quasimodo, Lamberto Vitali, Elio Vittorini. Negli anni, Cerati continuerà a frequentare - indipendentemente o come fotoreporter inviata da L’Espresso - gli ambienti e le occasioni culturali del tempo, ritraendo, per esempio, Pierpaolo Pasolini al Buchmesse di Francoforte nel 1974, Laura Betti al Festival del cinema di Venezia nel 1968, Andy Warhol alla Galleria Apollinaire di Milano nel 1974. Nel 1968, Cerati presenta il suo pantheon di personaggi culturali, in una mostra intitolata Culturalmente Impegnati alla galleria Il Diaframma di Milano. Presentando le sue foto, Umberto Simonetta scrisse con divertito umore: “Se qualche frettoloso, non è che ne manchino, la giudicherà maliziosa ironica biricchina Carla Cerati avrà tutto il diritto di insorgere e di pretendere aggettivi più compromettenti e lusinghieri. Come perfida feroce sadica. Queste sue rare virtù ce la rendono ovviamente cara dolcissima amabile”. I suoi ritratti vengono pubblicati su Fiera Letteraria, New York Times, L’Express, Time-Life, Die Zeit.

Verso la fine degli anni ’60 e col sorgere della tensione degli anni ’70, la fotografia di Cerati acquista un taglio decisamente sociale e politico. Nel 1968, collaborando con Franco Basaglia, Cerati si propone per documentare con la sua macchina fotografica la situazione dei manicomi italiani: l’esperienza darà nascita ad alcune delle foto più importanti di tutta la sua carriera. Insieme al fotografo Gianni Berengo Gardin, Cerati pubblicherà le sue foto nel libro-documento Morire di Classe, curato da Basaglia stesso e dalla moglie Franca e pubblicato nel 1969 da Einaudi. Con la loro testimonianza fotografica, Cerati e Gardin vinsero il Premio Palazzi per il Reportage nel 1969.

Residente a Milano dal 1952, Cerati diventa un’attenta osservatrice di una città in pieno cambiamento. Attraverso gli anni ’60 e ’70, Cerati fotografa le persone, i luoghi e gli avvenimenti politici che coinvolgono la città trasformandone il carattere: dalla costruzione della metropolitana, ai nuovi quartieri della città; dalle vetrine luccicanti dei grandi magazzini, agli svaghi della gente la domenica. Affascinata dalla vita sociale del boom economico, Cerati documenta il fenomeno del ‘Cocktail Party’, ritraendo il mondo eccentrico ed effimero della Milano “da bere”. La serie verrà pubblicata nel 1974 da Amilcare Pizzi. Dietro al mondo luccicante dei cocktails, tuttavia, Cerati non si fa scappare la tensione dei movimenti sociali e politici della città, diventando fotografa di prima linea degli “anni di piombo”. Con l’arrivo degli anni ’70 Cerati non sarà più costretta ad andare a teatro per cercare il ‘dramma’: le rivolte studentesche, i funerali e le stragi, una Milano in completo cambiamento forniranno alla ormai esperta fotografa soggetti densi di storia e di significato. Dal ’68 fino alla fine degli anni ’70, Cerati fotografa le manifestazioni, i processi e gli scontri, catturando uno dei momenti più cruciali e tesi della storia moderna italiana, documentando, per esempio, il Processo Calabresi-Lotta Continua, i funerali di Feltrinelli, alcune delle più storiche manifestazioni femministe.

L’impegno in Italia non distrae tuttavia Cerati dalle lotte all’estero. L’amicizia con il regista Jacinto Esteva Grewe, incontrato al Festival di Venezia nel 1968, spinge Cerati ad avventurarsi nella Spagna Franchista per fotografare i volti degli intellettuali di sinistra i quali, sfidando la dittatura, scelsero di continuare a lavorare e a vivere in Spagna. Durante numerosi viaggi compiuti tra il 1969 e il 1975, Cerati si infiltra nella rete della resistenza intellettuale per scattare i ritratti di più di cento personaggi della cultura, fra cui Joan Miró, Ricardo Bofill, Antonio Gades, Blas de Otero, Juan Antonio Bardem, per citarne solo alcuni.

Verso la fine degli anni ’80, Cerati abbandona gradualmente la sua professione di fotoreporter, disillusa dai meccanismi opportunistici e sbrigativi che ormai dominano il settore. Continua tuttavia a fotografare privatamente, in una serie di progetti volti all’astrazione e alla composizione. Nel 1982 Cerati è ispirata dall’architettura, trasformando con le sue foto in astrazione le forme geometriche della Muralla Roja di Ricardo Bofill. La serie Tracce, elaborata nel 1986, esplora invece le forme involontarie lasciate sul cemento e sulla sabbia. Con la ballerina Valeria Magli, Cerati realizza dal 1984 al 1986 la serie Capricci, ispirata dagli scritti di Francesco Leonetti. Sempre in collaborazione con Magli, la fotografa realizza nel 1996 una serie di nudi in movimento a colori raccolti nella serie Forma Movimento Colore.

Attualmente, Cerati continua a dedicarsi alla scrittura, una passione e vocazione che ha coltivato in parallelo alla fotografia per molti anni, pubblicando il suo primo romanzo nel 1973, Un amore fraterno, finalista al Premio Strega.


Maggiori informazioni su www.centrofotografia.org

Scritto da melissaperitore il 2023-04-18 in #cultura #mostrafotografica #mostradifotografia #carla-cerati

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