Wave Zine x Lomography: Intervista a Benedetta Pini

The Liberation è un progetto sulla libertà e la celebrazione delle identità individuali di Masseria Wave, masseria storica nel cuore del Salento convertita in un centro di produzione culturale con focus sulla cultura e eventi queer. Recentemente abbiamo collaborato al numero 0 della loro nuovissima zine: Wave Zine. La fotografa Eleonora Sabet ha ritratto diversi artisti, musicisti e creativi su pellicole Lomography e, in questa nuova serie di interviste, abbiamo voluto conoscere più a fondo le persone di fronte all'obiettivo. Oggi vi presentiamo Benedetta Pini.

Benedetta Pini by © Eleonora Sabet - Pellicola Lomograhy

Ciao Benedetta, potresti fare una tua presentazione per i lettori del nostro Online Magazine?

Ciao! Strano essere dall'altra parte, ora capisco quanti soggetti ho messo a disagio con questa domanda. Accetto il mio karma e provo a elaborare una risposta da cui non traspaia troppo il cringe che provo nell'auto-presentarmi. Classe 1993, metà brianzola e metà valtellinese, sono co-fondatrice, editor e referente di tutti gli accolli che restano di 77 magazine, progetto a cui si sono intersecate altre mansioni come editor di i-D Italy, redattrice da Comingsoon, giurata in qualche festival di cortometraggi, cultrice della materia alla Statale di Milano e consulente in strategie di comunicazione. Amante di Battiato e dei remoti paesaggi bucolici, ricerco tra gli archivi e i ritiri selvaggi di meditazione il senso della vita, e per ora non sembra andarmi male.

Sei fondatrice e caporedattrice della rivista 1977, progetto indipendente e piattaforma multidimensionale di musica, cinema e tutto quello che c’è nel mezzo: ci racconti com'è nato questo progetto? E come mai la scelta di questo nome?

Il progetto è nato a fine 2014, quando un gruppo di ragazzi della mia zona sono venuti al cineforum di Lissone di mio papà e, dopo avermi sentita presentare e commentare un film, mi hanno chiesto di unirmi al progetto che stavano avviando. Era l’era dei blog anni ‘10, pullulanti di recensioni tanto personali quanto tranchant (e spesso egoriferite) e di stelline usate come arma di rivalsa di una nicchia frustrata nel vedere come la propria sudata preparazione portava solo porte sbattute in faccia da ogni giornale esistente, tutti gestiti da boomer che ti facevano percepire senza troppi eufemismi che ti stavano facendo loro un favore a darti uno spazietto in cui scrivere.

Benedetta Pini by © Eleonora Sabet - Pellicola Color Negative 400

Intanto, studiavamo materie umanistiche, ma i nostri professori avrebbero letto (forse) qualcosa di nostro solo in fase di tesi - ammesso che potessimo considerare “nostro” quei progetti compilativi verso cui ci indirizzavano. Così, abbiamo deciso di crearcelo noi quello spazio, aprendolo a tutte quelle individualità che, come noi, si sentivano incomprese e cercavano di compensare questa sensazione di inettitudine lasciando un segno nell’etere della comunicazione digitale nell’epoca della sua massima espansione. Il progetto è nato subito nella sua doppia veste, online e anche cartacea, con l’intento di superare la sensazione di aleatorietà e immanenza - e quindi di vacuità ed essenziale irrilevanza - che i blog portavano con se, investendo tempo, energie e (pochi) soldi nella stampa di un oggetto cartaceo con cadenza annuale (ora del tutto irregolare e spontanea, quando ci va). Il nome vuole essere un rimando metaforico ed evocativo allo spirito di rottura, decostruzione e rivoluzione che ha caratterizzato quella data in ambito sociale, politico e culturale.

Dalla sua nascita nel 2014, 1977 si è evoluto profondamente: cos è 1977 oggi?

Da uniformato blog anni '10, 77 si è evoluto in un progetto multidimensionale, un sistema aperto di collettività non performativa che esplora trasversalmente l’audiovisivo attraverso articoli, eventi, talk e workshop. E a breve acquisirà anche un'ulteriore dimensione, che annunceremo a settembre.

Queste fotografie di Eleonora Sabet che ti ritraggono, sono state scattate su pellicole Lomography con una fotocamera analogica: tu che rapporto hai con l'analogico/vintage?

Sono cresciuta guardando i film in VHS che mio papà ha registrato dalla tv fino a costruire una videoteca di quasi 3 mila film, alcuni passati in DVD o su hard disk - col fascino di conservare ancora gli spot dell'epoca. Ricordo bene le estati in cui, scelto un regista, mi buttavo nella maratona di tutta la sua filmografia.

L’archivio VHS di Gianni e Benedetta Pini, Villasanta, 2020

E poi passavo ore, ore e ore a sfogliare gli album dei viaggi dei miei genitori negli anni ‘80 (India mille volte, Turchia, Stati Uniti, Marocco, i tour con Battiato) e guardando i loro filmini, che mio padre montava alla moviola e usando i trasferelli (sì, una lettera alla volta) per le scritte in sovrimpressione (titoli, date, frasi e citazioni filosofiche), con una cura (e uno sbattimento) commovente.

Per il mio progetto di tesi sullo sparo finale di "Roma Città "Aperta", che poi è diventato una pubblicazione scientifica, mi sono mossa quasi esclusivamente tramite ricerca d’archivio, tra microfilm e faldoni spariti nel nulla dagli scaffali.

India, Fotografie di Clara Spreafico (Mamma di Benedetta), 1989

E se penso al vintage, la mia mente va subito agli abiti di mia nonna, che definirei la diva della Bassa Valtellina; capi pazzeschi, colorati ed eccentrici che vorrei donare alle mie amiche performer, così che possano continuare a vivere e portare avanti istanze politiche e sociali attraverso nuovi corpi.

Per me analogico significa conservazione della memoria, non per mummificazioni sterili o inutili illusioni di immortalità, ma come veicolo vitale e necessario di trasmissione di cultura, visioni e conoscenza.

In alto: Franco Spreafico. In basso: Valeria Ciapponi (Nonna di Benedetta), Fotografie di Franco Spreafico, Agosto 1984

Le foto che ti ritraggono nascono da una collaborazione tra Lomography e Masseria Wave, che di recente ha lanciato Wave Zine. Che importanza hanno secondo te realtà di questo tipo per la comunità queer?

Su questo, posso dare una mia visione in quanto ally della comunità queer e soggettività femminista, riportando pensieri e parole che ho sentito esprimere da Gilberto (founder e direttore artistico di Wave) e dalla community attorno a Wave. Realtà di questo tipo sono vitali per comunità che lo status quo vorrebbe marginalizzare e soffocare, comunità che scalciano, urlano, sgomitano per essere viste e trovare uno spazio in cui esprimere visioni e identità divergenti dal discorso dominante - in quanto accettato dal patriarcato sistemico della nostra società. Ecco, Wave è uno di questi spazi, e dimostra quanto sia un’esigenza molto più capillare, condivisa e sentita di quanto si cerchi di far credere. Basta sfogliare Wave o andare a un evento in Masseria - o dei vari spin-off in giro per il mondo - per rendersene conto. Una famiglia orizzontale e reticolare in cui trovare rappresentazione, comprensione e cura.

Hai progetti imminenti che vorresti condividere con la nostra community?

Sì! Mille personali che chissà se finirò mai - tra cui uno su Battiato. Per quanto riguarda 77, dopo aver curato la residenza ESPERIMENTO DI MONTAGGIO NON-CREATIVO (qui i dettagli) a Posto Segreto (ad Alcamo, in Sicilia) ad agosto, abbiamo avuto la conferma definitiva che il workshop è un format che ci permette di esplorare il lato di ricerca e formazione del progetto, cruciale tanto quanto quello di sviluppo editoriale. Quindi sicuramente replicheremo l'esperienza in altri contesti - abbiamo già ricevuto alcune proposte di collaborazione, tempo di strutturarle e usciranno tutte le info! Intanto, implementiamo le nostre partnership per espandere la nostra rete di connessioni e mutuo supporto tra realtà indipendenti sul territorio italiano (e non solo).


Segui Benedetta sul suo profilo Instagram. Puoi seguire tutte le news di 1977 QUI.

The Liberation ISSUE 0 è ora disponibile sul sito di Masseria Wave.

Scritto da melissaperitore il 2023-09-04 in #gear #pellicole-lomography #masseriawave #wavezine #elasi

Maggiori informazioni

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