Intervista a Gabriele Perlo, Ideatore di Catastrophe

Per molti, la sofferenza è un limite; per altri, un'occasione. È proprio da questa tensione che nasce catastrophe.off, un progetto che affonda le sue radici in un percorso personale di dolore e consapevolezza. Oggi abbiamo il piacere di intervistare Gabriele Perlo, l'ideatore di questo spazio dedicato principalmente alla fotografia che, giorno dopo giorno, ci regala un viaggio affascinante nel mondo degli scatti iconici e dei fotografi che hanno segnato la storia, e non solo, attraverso aneddoti, curiosità e dettagli poco conosciuti sui fotografi e le loro opere.

Ciao Gabriele, benvenuto sul nostro Online Magazine! Puoi fare una tua presentazione per i lettori del nostro Online Magazine?

È un vero piacere essere qui con il team e la community di Lomography. Scrivo da un comune di circa 28.000 abitanti in provincia di Torino.

Sia a livello professionale che esistenziale, mi trovo attualmente a vivere una dualità. Da una parte, c’è il lavoro freelance come grafico nel settore social e della comunicazione; dall’altra, Catastrophe, un progetto di ricerca indipendente, etico e autonomo. È questa seconda dimensione ciò che considero il mio vero scopo.

Tutto è iniziato per via di una precoce indipendenza tecnologica. Da bambino passavo ore su un laptop ricevuto intorno all’anno 2010. Essendo nato alla fine del 2001, per l’epoca e per l’età fu un’esperienza molto delicata. Credo che la mia inclinazione verso la solitudine, benefica, necessaria e diversa dal più dannoso isolamento, mi abbia portato a esplorare e approfondire continuamente.

Ho sperimentato con la musica elettronica, il design grafico e altre forme espressive, continuando a cercare nuove modalità per soddisfare l’esigenza di creare e condividere, un percorso che si è delineato sempre più chiaramente dai tempi delle scuole superiori, fino al più recente percorso universitario all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino.

Screenshot dal feed Instagram di Catastrophe

Seguire la tua pagina Catastrophe è come sfogliare un libro di fotografia senza fine: ogni giorno si possono scoprire fotografi affermati e non, aneddoti riguardanti le loro foto, conoscere paesi e storie da paesi lontani e non solo. Puoi raccontarci la storia dietro la creazione di questo progetto?

Sono grato del vostro feedback. Catastrophe è nato nel 2018 come un semplice diario personale. Il processo è stato senza dubbio catalizzato da anni di intensa sofferenza che mi hanno condotto a un cieco e ingenuo bivio tra la vita e l'auto sottrazione a questa. E proprio in quel punto, la ‘catastrofe’ si è rivelata sorprendentemente coerente e decisiva. La catastrofe non avvisa: accade. E in essa, la sofferenza si è trasformata in grazia. Ed è proprio da questa che nascono tutte le grandi cose; è la responsabilità di scegliere come soffrire.

Il 26 settembre 2021 scrissi nel mio diario: “Sono cambiato e cresciuto molto. Mi sento evoluto, più forte. La lettura, la solitudine, la spiritualità: sono questi gli ingredienti che hanno reso tutto possibile”.

La consapevolezza che circa 2.500 anni prima delle nostre crisi depressive, in preda al buio del tunnel esistenziale, l’uomo fosse già in grado di sviluppare una forma di antifragilità, ispirata dal pensiero di Nassim Nicholas Taleb, mi ha profondamente colpito. L’idea che l’essere umano possa trarre vantaggio dal caos e dal dolore, piegando “l’evento esterno” di Epitteto, ha fatto sì che la sofferenza non fosse più vista come un ostacolo, ma come un’opportunità di evoluzione. E allora ho pensato: “Perché non dovrei riuscire a farlo anch’io? E se ci riuscissi, perché non tentare di condividerlo con gli altri?”

Immagini scattate nella fase iniziale del progetto

Come mai la scelta di questo nome? Qual è il significato e ha un legame con i contenuti che pubblichi?

Così come ciò che non si conosce è più importante di ciò che si sa, anche ciò che non è ancora accaduto ha più valore di ciò che è già successo.

La catastrofe, in senso classico, è la violenta soluzione del dramma, il “cigno nero” di Taleb: rara, imprevedibile e complessa da prevedere.

È un termine che evidenzia la centralità della sofferenza nel processo di progettazione – nella sua eredità latina ‘proicere’, composta da ‘pro’ (avanti) e ‘iacere’ (gettare) – del proprio avvenire e di quello del prossimo.

In definitiva, nulla di distante e differente dal concetto greco di ‘pàthei màthos’: apprendimento attraverso la sofferenza.

E' da molto tempo che il team di Lomography ti segue: da contenuti legati al mondo della moda, arte, design, musica, sulla consapevolezza e crescita interiore, da un paio di anni ti sei focalizzato principalmente sulla fotografia: come mai questa scelta?

Non ho mai imposto limiti, temi o canali. La predominanza della fotografia è avvenuta spontaneamente, senza un piano prestabilito, seguendo sempre l’istinto e la sensibilità, parallelamente alla mia crescita e maturazione personale, che si intrecciano con quella del progetto stesso.

Credo che la fotografia sia il mezzo che più si avvicina all’accezione di ‘missione’ che ho in mente. Il realismo e il riconoscibile amplificano il coinvolgimento, che sia esso piacevole o scomodo. Il principale contributo che ciò che sto curando può offrire è la speranza, che si tratti di una serie fotografica su una questione delicata, di una tragedia avvenuta in una città remota su cui fare luce e sensibilizzare o di una storia speciale e impattante da dover condividere.

Spesso considero quello che faccio una ‘missione - non missione’. ‘Missione’, perché ogni azione ha un intento deliberato di supporto agli altri; ‘non missione’, perché l’ego deve essere azzerato, senza il desiderio di cambiare idee o verità altrui.

Parafrasando Adler, la nostra felicità è proporzionale a quanto, e se, abbiamo contribuito agli altri. Se riusciamo a sentirci parte di un tutto, sarà più facile vivere in armonia.

Come scegli i contenuti da pubblicare? Dai priorità al tuo gusto personale o a quello che pensi possa piacere al tuo pubblico?

La prima, sempre. Ricordo di essere sceso a compromessi durante un’iniziale fase di immaturità emotiva nei sentimenti e nella purezza della ricerca, utilizzando tracce musicali di tendenza per accompagnare i contenuti, con l’intento di massimizzarne l’impatto e la risonanza. Tuttavia, dopo la ‘catastrofe’ e la trasformazione della sofferenza in forza e integrità, il progetto è maturato insieme a me, raggiungendo un equilibrio tra etica e sensibilità. Oggi, ogni contenuto viene pubblicato esclusivamente previo permesso scritto dell’autore, della famiglia o dell’erede in caso di decesso, o di chi ne detiene i diritti. La pubblicazione segue un ritmo più umano, naturale e organico, una dimensione in cui ogni post nasce da un dialogo con il protagonista di questo o chi ne fa le veci, una dichiarazione di intenti e di idee. Non si tratta di una scelta professionale, tecnica o strategica, ma di ciò che sento profondamente, di ciò che mi permette di entrare in contatto con chi mi ha ispirato, restituendo con gratitudine e cautela l’emozione che ho provato. Vivo veramente per questo.

Qual è il tuo rapporto con la community che si è creata attorno alla pagina? Ci sono interazioni che ti hanno colpito particolarmente?

Ho sempre presentato il progetto in modo chiaro: un curatore indipendente e autonomo, proprio perché questo è tutto ciò che costituisce il backend di Catastrophe.

La relazione che si crea non è differente da quella che si ha e si percepisce con un amico. Sono veramente convinto di questa unità, non solo con la community, ma in ogni aspetto della vita. Escludendo alcuni momenti di debole, ma umano, egoismo ed egotismo, mi sento parte di un tutto. A riguardo, sempre nel mio diario durante il periodo di crescita e decodifica della sofferenza, scrivevo: “Ad un tratto mi fermai, colpito da un impulso che percorre ogni fibra del mio essere, e in quell’istante mi accorsi di amare tutti. Avrei potuto perdonare e comprendere ogni singolo essere umano, nessuno escluso.”

Non ho la cieca convinzione né l’eccessiva pretesa che ogni individuo che ha scelto di seguire il progetto si senta parte di ciò che ho appena descritto. Ma è giusto che sia così. Ognuno esperienzia in modo unico e personale ogni azione, sentimento e immagine. Non è affascinante? Se fossi certo di qualcosa, sarei limitato, e ogni limite nasce dall’incapacità di riconoscere che le nostre percezioni sono soggettive e circoscritte. Non mi pongo dubbi sul comportamento, non pianifico con terzi strategie per adottare un approccio artefatto, non mi avvalgo di professionisti per la comunicazione o la curatela, e non rinuncio a elementi come vulnerabilità, semplicità e speranza. Non metto mai da parte me stesso, a cui do illimitata fiducia.

Sono numerose le interazioni che mi hanno colpito ed emozionato. Il riscontro che più mi scalda il cuore è sapere che la curatela è stata, e possa essere, un’influenza, una motivazione o un’ispirazione per qualcuno. La vera gioia non risiede nel numero o nella quantità, ma nel fatto che lo sia stata anche solo per una persona. Se la ricerca di immagini che mi hanno fatto sospirare, la direzione che seguo, le parole e la voce che condivido, hanno toccato anche solo un individuo in un angolo remoto del mondo, allora questo è sufficiente a giustificare ciò che sento essere la mia missione.

© Gabriele Perlo, ideatore di catastrophe.off

Hai mai pensato di ampliare il progetto oltre Instagram, magari con una mostra, un libro o collaborazioni?

Catastrophe può essere paragonato a un software open source, dove tutto è accessibile e trasparente. Ho in programma un libro, ibrido tra foto e testo, che affronta temi che considero umanamente necessari quali la sofferenza, la scoperta, l’introspezione e il viaggio – tutto affinché si sposti la centralità dell’energia nelle azioni e nel pensiero “dall’esterno all’interno”.

Quali sono le tue influenze principali? Ci sono artisti, movimenti o pensatori che ispirano le tue ricerche?

Senza alcuna retorica: tutto, ogni cosa e ogni individuo. Credo fermamente nel “siamo tutti artisti” e cerco di cogliere la luce in ogni aspetto e persona che incontro. Il tempo per soffermarsi sul buio è passato.

Senza alcun dubbio però, seguendo il principio del sentimento e del desiderio di restituire un’emozione che ho precedentemente provato, e riconoscendo l’influenza che mi ha aiutato a dare forma a ogni cosa, non esiterei a menzionare figure come Jiddu Krishnamurti, Alfred Adler, Carmelo Bene, Ryūichi Sakamoto, Paolo Sorrentino e Daidō Moriyama.

Hai di recente avuto una tua prima esperienza con la fotografia analogica, com è andata? Ti ha aiutato a capire qualcosa?

Con il vostro affiancamento, sono venuto a contatto per la prima volta con questo approccio più autentico alla fotografia. Ho utilizzato la combinazione LomoApparatBerlin Kino B/N, ed è stata una nuova sfida per me. È stato necessario non solo per provare qualcosa di nuovo e diverso, ma soprattutto per conoscere i miei limiti, capire gli errori e iniziare un nuovo processo di apprendimento. Quando sbaglio e apprendo, so di essere vivo.

Con l'avvento dell'intelligenza artificiale, quale ruolo assume secondo te la fotografia, soprattutto quella su pellicola?

Sono certo che tutto cambierà. Sul piano tecnico ci sarà una svolta drastica e inevitabile, ma sul piano concettuale–pur rischiando di cadere nell’estremo antropocentrismo–ritengo che la centralità dell’individuo e delle emozioni che lo guidano non si atrofizzerà, finché sapremo nutrirle e mantenerle vive.

Credo che il miracolo chimico dei sali che reagiscono alla luce durante l’esposizione nella fotografia analogica non abbia nulla da temere dall’avvento dell’intelligenza artificiale.

Hai qualche progetto futuro che vorresti condividere con noi e i nostri lettori?

Sto lavorando duramente alla nuova identità visiva del progetto. È un percorso che ho sempre avuto chiaro in mente e che ho l’onore di poter condividere con centinaia di migliaia di anime curiose.

Il fine ultimo è creare un “Vault”, fisico e digitale; un archivio sicuro in cui custodire ciò che considero vitale e propulsore della vita stessa.


Grazie a Gabriele per aver condiviso con noi la sua storia ed il suo progetto! Segui catastrophe.off su Instagram.

Scritto da melissaperitore il 2025-02-10 in #cultura #persone #catastrophe #catastrophe-off #gabriele-perlo

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