Chirocefalo Tour

Il Chiroceflao del Marchesoni è un animale strano, forse un po’ snob. Talmente snob da aver deciso di voler vivere in un solo posto nel mondo. Un lago poco più grande di una piscina, sulla cima di una montagna neanche tanto alta, in un parco naturale poco conosciuto quasi al centro dell’Italia. Il Chirocefalo del Marchesoni è lungo al massimo 3 millimetri, ha una vita media di 40 giorni durante i quali nasce, vive, depone un sacchetto di uova quasi invisibile e muore, spesso di morte naturale, a volte viene mangiato da un animaletto altrettanto piccolo, un coleottero dal nome strano, il ditiscide alpino. Mi chiedo come abbia fatto a finire sugli appennini.

Tutto questo l’ho saputo da una guida del Parco dei Monti Sibillini dopo cinque ore di duro cammino verso i Laghi di Pilato.
Non ricordo di preciso da chi è nata l’idea, del perché io e il mio amico Simone si sia scelta questa meta per intraprendere la nostra prima fuga. Avevamo bisogno di qualcosa di strano, che ci strappasse dalla routine cittadina, e dopo aver ascoltato per caso una canzone degli Offlaga Disco Pax siamo partiti. Simone con il suo taccuino, io con le mie macchine. Anche noi volevamo scoprire come fosse fatto quello che è “una imbarazzante difesa degli status quo”.

La prima tappa è stata quasi obbligatoria, il paesaggio affascinante delle piane di Castelluccio ti lascia a bocca aperta. Simone ha scritto “La piana di Castelluccio è uno spazio così ampio che l’occhio può spingersi per chilometri in ogni direzione, ma senza perdersi, rassicurato com’è dalla corona di monti che la circonda”.

Credits: arsomilio

Ah, ad accompagnarci, oltre che i nostri ragazzi, c’è anche Staffolo, un nano da giardino rosa. Imparerete a conoscerlo.

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Arriviamo nella zona destinata ad accoglierci per la notte sul tardi, altri campeggiatori si stanno già preparando per la notte, noi siamo gli unici che iniziano a preparare la cena nel buio quasi completo del bosco alle pendici del Monte Vettore.

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La sveglia suona prestissimo, ci aspetta una camminata che, a detta delle guide turistiche durerà circa due ore e mezza. Una bugia colossale. In questo tempo riusciamo a superare solo la prima durissima parte del tragitto. Il paesaggio è meraviglioso, la quiete del bosco stona con i segni di una frana che ha violentemente distrutto una porzione del sentiero. Ci perdiamo nel bosco, ma in qualche modo riusciamo ad uscirne fuori. Siamo solo ad un terzo del sentiero che ci porterà a scoprire il fantomatico Chirocefalo, ma non ci lasciamo vincere dalla stanchezza. “Quando sei in montagna non conta in quanto tempo riesci a percorrere la tua strada, conta quanta voglia hai di arrivare.”

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Dopo altre due ore di cammino, giungiamo sulla cima. Dietro l’ultimo costone, si celano due pozze di acqua fresca, gli ormai famosi Laghi di Pilato. Durante tutto il cammino eravamo soli, incrociavamo esclusivamente persone che scendevano a valle dopo aver ammirato il fantomatico Chirocefalo sguazzare nell’acqua. Mi chiedo da dove siano arrivate tutte le persone che troviamo sui prati attorno.

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Un’ora di meritato riposo. È tutto quello che possiamo permetterci, calcolando più o meno il tempo necessario a scendere rischieremmo di trovarci nel mezzo del bosco quando il sole è già calato. Ci avviciniamo al più grande dei due laghetti, uno specchio d’acqua limpidissima. Una guardia intima Simone di allontanarsi dalla riva. Tutto il perimetro del lago è interdetto al passeggio, c’è solo un punto largo pochi metri in cui è permesso avvicinarci per scrutare le fattezze del Chirocefalo. Io e Simone ci guardiamo e sorridiamo. Nelle nostre teste riecheggiano le parole degli Offlaga Disco Pax. “FEEERRMOO!”
Ok. Ci avviciniamo al lago dove è possibile farlo. Lo vediamo. Anzi, li vediamo. Decine, forse centinaia di minuscoli esserini rossi vibrano sotto il pelo dell’acqua senza tregua. È inutile dirlo, nonostante il racconto della guida del parco, non riesco a sentirmi soddisfatto. Non sono loro il sufficiente pegno della fatica fatta per arrivare. Non mi sforzo neanche più di tanto per immortalare il momento. Comunque fidatevi, il Chirocefalo c’è, anche se non si vede.

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Ci sediamo sul prato, accanto a tante altre persone. Continuo a chiedermi da dove possono essere arrivate. Finalmente apriamo i nostri zaini ed iniziamo a mangiare i nostri agognati panini. Prosciutto, salame, prosciutto e formaggio, mortadella. Un po’ di meritato riposo a piedi nudi. Poi ripartiamo. Il paesaggio è sempre il solito, ma visto da una prospettiva diversa. Già questo è un buon motivo per continuare a scattare. Quando ho scannerizzato queste foto, la prima cosa che ho pensato è che la pellicola si fosse in qualche modo sporcata. Solo guardandole in sequenza mi sono reso conto che non era un problema di pellicola sporca, ma di obiettivo appannato. Evidentemente devo aver sfiorato inavvertitamente l’obiettivo con un dito sporco del grasso del prosciutto del mio panino. L’effetto è una cosa veramente inaspettata, conferisce alle immagini un aspetto veramente onirico, per questo penso siano alcune delle lomo più belle che abbia mai fatto. Credo che lo proporrò come tipster… Voi che ne dite?

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Il viaggio volge alla fine, ed anche i miei rullini sono agli sgoccioli. Accanto al nostro camper troviamo un gruppo di scout che si preparano per la notte. Anche noi ci prepariamo, la stanchezza ci copre come una coperta, ma siamo tutti contenti. Guardo il mio amico Simone che inizia a preparare la cena, l’ennesimo piatto di pasta a base di sugo pronto. Guardo mio figlio Duccio ed il suo amico Edoardo giocare. Capisco che non è per il Chirocefalo che ho fatto questo viaggio. Inizio a percepire la soddisfazione di aver trovato qualcosa di unico, forse ancora più raro del fantomatico Chirocefalo. Anche l’amicizia può essere come lui, qualcosa di piccolo ma che resiste tenacemente al tempo, alle avversità, per millenni, rigenerandosi di continuo e rinnovandosi, giorno dopo giorno, passo dopo passo. Accanto al nostro camper passa un gregge di pecore dirette all’ovile. Sono stanco, molto stanco, ma adesso sì, adesso chiudo gli occhi, e mi sento soddisfatto.

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scritto da arsomilio il 2011-08-31