Dalla Cucina alla Camera Oscura: Sperimentazioni con la Fotografia Stenopeica

Addentrandosi nei meandri della nostra Community, si possono trovare immagini di ogni tipo. Di recente, siamo capitati sulla LomoHome di Vincenzo Cianciullo a.k.a. VinsArt. Il suo progetto unisce il cibo alla fotografia stenopeica, non nella forma tradizionale di food photography, ma esplora un lato piú sperimentale, facendo diventare il cibo la macchina stessa.

Di seguito, l'intervista con Vincenzo che ci racconta del suo percorso creativo e della sua passione per la fotografia stenopeica, che dopo 32 anni non smette di affascinarlo.

Foto di Vinsart

Ciao Vincenzo e benvenuto sul nostro Online Magazine. Raccontaci del suo background fotografico. Qual è la sua storia?

Salve a voi e grazie di avermi invitato a parlarvi del mio mondo. Ho iniziato fin da molto giovane ad appassionarmi alle arti classiche un po’ tutte parallelamente, riguardo la fotografia, il momento esatto in cui ho cominciato è stato all’età di 8 anni circa, mio padre mi portò al mercatino dei Polacchi che c’era ogni prima domenica del mese, in mezzo alle Icone, bigiotteria e a tante ferraglie mi piacque una vecchia Zenit TTL, che mi feci comprare e divenne mia compagna inseparabile per i successivi anni.

Compravo i rullini da un fotografo che avevo praticamente sotto casa, i miei preferiti erano gli ILFORD 135, ricordo che arrivavo a stento al bancone e c’era il cartonato a grandezza integrale della sagoma di Ciribiribì Kodak che mi metteva paura. Intorno ai 13 anni mossi i primi passi con la camera oscura, mi piaceva fare le Rayografie; assaporai lo sviluppo hand-made per poco, forse un annetto, ma tutte quelle sperimentazioni, e anche i tanti errori e difficoltà, formarono un bagaglio fondamentale per tutto il percorso successivo. Sono passati 32 anni e ancora oggi mi capita a volte di comprare rullini nello stesso negozio.

Nei tuoi lavori troviamo molte foto realizzate con l'uso di fotocamere pinhole. Che cosa ti attrae in particolar modo verso questo tipo di fotocamere?

Sì, adoro la filosofia che c’è dietro il creare immagini in questo modo, penso che più si escludono le agevolazioni tecnologiche tanto più, per forza di cose, viene fuori l’essere umano che c’è dietro il mezzo espressivo, viene fuori l’estro creativo, quello vero e personale. Amo quella “lentezza” che ti obbliga a costruire gli strumenti prima e pianificare lo scatto poi, fa sì che arrivare a produrre un'immagine diventi quasi una pratica Zen. Amo l’autoproduzione dei miei mezzi e strumenti espressivi fin da zero, capire come farli funzionare è una palestra di esperienze che mi dà molto anche poi nel momento dello scatto.

Foto di Vinsart

Del risultato adoro quell’imprevedibilità che lascia ogni immagine contornata da una sorta di atmosfera onirica. Proprio negli ultimi mesi la moda del momento è creare immagini facendole rielaborare alle intelligenze artificiali, il procedimento è diverso, facilitato e forse un po’ impersonale, ma nei risultati ci vedo delle similitudini proprio in quelle sensazioni magiche, surreali e oniriche, solo che chi lo fa e lo faceva con un mezzo stenopeico, ha potuto iniziare 30 anni fa ad assaporare queste sfuggenti atmosfere e, devo dire, c’è ancor più suggestione nel vedere così trasformate delle realtà vissute dal vivo in prima persona e composte dall’esatto frangente scelto da noi.

Com'è stato il processo creativo che ti ha portato a creare le immagini per il Food Pinhole Portrait Project?

In primis la pura sperimentazione della parte costruttiva, volevo estremizzare al massimo l’autoproduzione e vedere che risultati ne venivano fuori, non saranno le immagini più nitide e perfette che si possono ottenere dalla migliore delle pinhole autocostruite, ma gli esperimenti hanno portato a risultati interessanti e inaspettati.

Ad esempio degli scatti fatti con la Pepper-Pinhole, ovvero una pinhole costruita con un peperone: credevo che lo scafandro esterno formato dalla spessa buccia del peperone fosse già un buon inizio, quindi misi meno attenzione nel costruire uno strato più interno fatto per schermare la luce; il risultato fu che la luce penetrò, ma solo un poco, casualmente risultò la giusta dose che permise alle immagini di venire, ma donandogli una magnifica colorazione rossastra.

Foto di Vinsart

Mi piacque tantissimo come ogni strumento usato, in qualche modo, trovava la strada per trasmettere un po’ della propria essenza all’immagine. C’è da chiedersi se degli strumenti che vengono fuori da una fabbrica, prodotti in serie, non trasmettano un minimo della loro serialità alle fotografie.

Hai una foto preferita? Può raccontarci la storia che c'è dietro?

Di foto che mi sono rimaste nel cuore ce ne sono tante, restando sul terreno della fotografia sperimentale mi viene in mente una stenopeica che costruii in tetrapak, un materiale che si rivelò molto interessante, facilmente foggiabile e resistente. La principale peculiarità era l’essere abbastanza resistente all’acqua e l’umidità. Dovevo partire per Budapest per un mese, in inverno, e immaginavo che di umidità ne avrei trovata molta, tra minime a -10 gradi, neve, ghiaccio, venti e nebbie. Ci ho pensato un po’ di tempo e alla fine ho avuto l’illuminazione: Tetra Pak!

Arrivato lì il mezzo autocostruito si è dimostrato valido, tanto da spingermi a portarlo anche alle terme per la prova definitiva. Andai alle terme-szechenyi, magnifiche terme dei primi del 900 in stile neo-barocco, la vasca era all’aperto ed era sera, mi nevicava sulla testa con temperature bassissime, mentre l’acqua era bollente a 36 gradi, quindi ci si muoveva nella nebbia; era vietato portare macchine fotografiche ma la mia passò inosservata, probabilmente sembrava più un succo di frutta.

Foto di Vinsart

Quando mi servivano le mani libere con cinica disinvoltura la lasciavo galleggiare sull’acqua, (che ne sanno i figli del digitale e i fotografi da I-phone). Feci anche qualche prova immergendola del tutto, nonostante il foro anteriore seppur microscopico resta comunque un buco aperto. Le immagini in immersione non vennero bene, ma le successive subirono le contaminazioni di alcune gocce d’acqua che erano penetrate all’interno, e avevano regalato alle immagini delle strane quanto magnifiche striature.

E’ questo il bello della fotografia pinhole, con la fotografia tradizionale puoi al massimo emulare il senso della vista, con un mezzo stenopeico fortemente minimo e ridotto all’essenziale, anche qualche altro senso salterà nelle fotografie. Casualmente ma sarebbe meglio dire magicamente, ti ritroverai una qualche altra traccia di quel momento che immortali: una sensazione dovuta a una particolare situazione climatica, una suggestione del momento o il residuo del proprio stato d’animo.

Di solito da dove trai ispirazione per la tua fotografia sperimentale?

Non c’è una specifica prassi, mantengo allenata la fantasia, faccio tanto studio e ricerca sull’arte sia antica che contemporanea attingo a piene mani da qualsiasi aspetto del mondo che mi circonda. Delle mie esperienze personali, mi sforzo di trovare sempre il preziosissimo tempo di fermarmi ad analizzare quanto successo in un frangente, o detto in una conversazione, cerco di scavare più a fondo sulle cose che accadono, anche e forse soprattutto su quelle più semplici e fugaci.

L’essere umano è il centro su cui punto il fuoco della mia attenzione, e derivante da questo l’interesse per le interazioni fra esseri umani. Amo la psicologia e l’analisi psicologica delle persone, detto questo potrei benissimo cimentarmi in immagini astratte, di paesaggio o di natura morta, ma per me saranno sempre intese come un ritratto metaforico di un qualche aspetto dell’essere umano, che ho raccolto nelle mie osservazioni.

Foto di Vinsart

Cosa ti aspetta in futuro? Hai in programma progetti o collaborazioni interessanti?

NO! Ho solo in programma di liberarmi ancor più di quanto non ho già fatto dei tanti “disturbi” dell’era moderna, sai siamo nel 2022 ma io non ho e non ho mai avuto un cellulare che si connette a Internet. Non digerisco molto ciò che sono costretto a barattare in cambio di tutte queste agevolazioni, la continua forzatura verso sempre più velocità e reattività per far sentire tutti in obbligo di stare al passo di tutti; l’insidia dei social, dei like o dell’essere incessantemente connessi. Per me è tanto, troppo, quello che ci chiedono di dare via per essere sempre in contatto con tutti gratuitamente.

Ho come obbiettivo mantenere a distanza un mondo tossico che utilizza come bilancia e metro di misura l’audience e l’approvazione del prossimo. Sento chiaramente quanto tutto questo influisca negativamente sulla mia capacità di pensare e di creare, quindi l'obbiettivo per il futuro come lo è stato sempre, è quello di continuare a mediare per avere si collaborazioni e sinergie, mantenere una vita sociale ma da “non tossico”, pur vivendo in un mondo ormai popolato quasi esclusivamente da tossici, o intossicati che dir si voglia.

Primo fra tutti mi interessa preservare quella che io considero la mia velocità, e mi interessa scavare a fondo dentro me stesso, ma anche dentro il prossimo, cercando di arrivare a guardare e magari immortalare, le cose più sincere e profonde, senza convenevoli, senza imposizioni sociali, senza eccessiva tecnologia agevolante predisposta per fare cose al posto mio, senza filtri e perché no, anche senza usare lenti davanti ai miei obbiettivi.


Avete mai provato a costruire la vostra camera stenopeica? Condividi con noi e con la nostra Community i tuoi risultati!

Scritto da eparrino il 2022-10-05 in #cultura #persone #camera #stenopeica #sperimentazioni

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