LomoAmigas x 8 Marzo - La Fotografia Analogica Come un Bacio: Lulù Withheld con la Diana Mini e la Diana Multi Pinhole

In occasione della Giornata Internazionale della Donna e per tutto il mese di marzo, vogliamo lasciare spazio alle fotografe, alle loro storie e alle loro esperienze. Abbiamo mandato una fotocamera Diana ad alcune LomoAmigas e abbiamo chiesto loro di esprimersi nella massima libertà attraverso la pellicola.

La fotografa Lulù Withheld del collettivo Wild Romagna ha scattato queste foto al mare invernale della sua città con la Diana Mini, ma si è cimentata anche nella fotografia stenopeica per la prima volta, realizzando dei ritratti con la Diana Multi Pinhole Operator. Scopri di più qui sotto!

© Lulù Withheld - Diana Mini su pellicola LomoChrome Purple 2021

Ciao Lulù, benvenuta! Potresti presentarti ai lettori del nostro online magazine? Qual è la tua storia fotografica?

Ciao a tutti e grazie dell’ospitalità! Per me è un onore essere qui. :) Mi chiamo Lulù, quasi per davvero, ovvero Lulù è il diminutivo del mio nome. E dacché ho memoria mi hanno sempre chiamato tutti così. Non amo particolarmente le definizioni nette, sai no, quelle che ti vengono cucite addosso, quindi non posso “definirmi” propriamente una fotografa, tanto più che non ho nessun attestato che mi dichiari tale. Ho fatto altri studi e spaziato in ambiti diversi. Però, ecco, posso dire invece che mi piace “avere a che fare” con le immagini e raccontare storie attraverso di esse. Anzi, posso dire di esserne - in modo benevolo - “ossessionata”. Non so se ho una storia fotografica tale da essere raccontata, però forse posso raccontare una storia che ha che fare con l’inizio della mia fotografia. Più che una storia, forse, è solo un’immagine, come una sensazione di un ricordo.

Eravamo partiti all’alba. Un viola livido intratteneva il cielo come una distesa di fiori selvatici. «Il viaggio sarà lungo», ha detto Patrick. Gli ho risposto «Che tutti i viaggi, in fondo, lo sono». Abbiamo sorriso. Entrambi. Le ore sono passate attraverso il finestrino e nei profili delle colline e lungo le distese dei campi e l’odore dei caffè dell’Autogrill. Al mio ennesimo «Siamo arrivati?», Patrick mi ha detto «Il viaggio non consiste solo nell’arrivare a destinazione. Bensì comincia con la partenza. Goditi il tempo nel mezzo…». Il tempo mi ha sempre garantito riparo e mi ha permesso di inventare storie guardando fuori dal finestrino. Immaginando mondi diversi dal mio. Come in un film, sulla propria timeline. È sempre stato il tempo a proteggermi, dando alle immagini la giusta collocazione. Il sole, basso di taglio, ha cominciato a entrare con violenza dentro l’abitacolo dell’auto, rifrangendosi in mille arcobaleni sul vetro sporco del parabrezza. «Ogni viaggio rende diversi, ogni viaggio ti regala un’altra visione», ha detto ancora Patrick, con le mani appena poggiate sul volante. «Lo puoi toccare il tempo, se chiudi gli occhi». E io ho chiuso gli occhi. Chiudili. Senti. Lo senti? Il tempo, come nelle fotografie.

© Lulù Withheld - Diana Mini su pellicola LomoChrome Purple 2021

Poi ha aggiunto «Fermiamoci a guardare il giorno che muore». E ha accostato. Quanta malinconia nelle sue parole. Quanta fine in poche, pochissime parole. Quanta fine… Allora io ho scattato una foto al tramonto. Lì da dentro la macchina, dal finestrino abbassato. Ce l’ho ancora quello scatto. E vedere quella foto mi rimanda sempre al momento esatto. Di questa storia. Di quel giorno. Poi sono scesa e ne ho scattata una a Patrick. Le mani ancora sul volante. Un guizzo di luce sui suoi anelli dorati. Aveva questo sguardo, inquieto, corrucciato, pensieroso, distante. Una roba - quasi - indicibile nei suoi occhi. Non l’avevo mai visto così, sconvolto. Non l’avevo mai visto così. Ricordo che stavo lì e, non so non lo so più, sentivo che un gigantesco vuoto come quella vertigine che ti prende quando scendi le scale senza pensare che le stai scendendo, ecco questo vuoto sarebbe apparso tra il momento in cui “avessi scattato” e la mia pelle e quel tramonto e il suo fumo e Lui. Dopodiché ha aggiunto «La luce del tramonto non è la tua luce, Lulù, la tua luce è nell'alba». Lo so. Che peccato. La mia è una luce fredda. Ma so che è anche una luce piena di speranza. «I tuoi tramonti, Pat, sono caldi, ma non danno tregua. E sono sempre la fine, i tramonti». Poi ha guidato con quel pezzo di giorno morente negli occhi, in un silenzio straziante, con la sigaretta incollata alle labbra. C’era solo la musica in sottofondo nell’abitacolo. Una cassetta nuova di Nick Cave. L’odore del fumo. Le mani sulle gambe strette. “E tutto appare sempre e soltanto una volta, e di quell’una volta, la foto fa poi un sempre. Soltanto attraverso la fotografia il tempo diventa visibile, e nel tempo, tra la prima fotografia e la seconda appare la storia, che senza queste due foto sarebbe caduta nell’oblio di un altro sempre” (W. Wenders)

In occasione del Mese della Donna, ti andrebbe di raccontarci la tua esperienza di fotografa?

Potrei racchiudere tutta la mia esperienza in una frase sola, che è: Fare fotografia è, forse, la capacità di vivere per quell’istante e solo per quello. Completamente dentro, a quell’istante. Come quando si trattiene il respiro, prima di tuffarsi in acqua. Ricordo che qualcuno una volta mi disse: “Non c'è libertà nella dimensione orizzontale, cumulativa e stratificata della natura e della storia. Ma vi è nondimeno un istante di libertà, e si tratta proprio di un istante, dell'istante presente. Questo istante è atemporale, è fuori propriamente del tempo”. Fotografare è quasi come un prendere possesso di ciò che si fotografa, ovvero un atto di comprensione, nonché un atto di potere sul mondo. Ché forse fotografare, in fondo, è questo: un gesto di difesa e un gesto di presunzione. Un dare e ricevere che travalica il tempo. La possibilità di vedere le cose non per come esse sono (o non sono) ma per come il mio sguardo si posa su di esse. Come se la fotografia compisse questo artificio meraviglioso, che io chiamo “malinconia del presente”.

Ti è mai capitato di sentirti discriminata nell’ambito lavorativo in quanto donna? Se sì, come hai reagito?

Mi è capitato soprattutto all’inizio, quando lavoravo come “operatore" di macchina e come assistente alla fotografia. Immagino però che fossero altri tempi e voglio sperare che quel cameratismo che c’era nel mio di reparto sia un po’ scemato con gli anni. Sai no, battute poco felici, appellativi poco gradevoli, e mani decisamente fuori luogo e contesto. Ricordo una volta, su un piccolo set, il Direttore della Fotografia stava tardando e mi aveva chiamato per dirmi “Iniziate pure a piazzare le luci per la prima scena prevista dal piano di lavorazione”; al ché io diedi le mie, nonché sue, indicazioni ai due elettricisti, i quali mi risposero facendo spallucce e dicendo “Aspettiamo il dop, ché noi non prendiamo ordini da una ragazza”. Sono del segno del toro, avrò reagito con ostinazione e testardaggine. :)

© Lulù Withheld - Diana Mini su pellicola LomoChrome Purple 2021

Qual è il miglior consiglio che hai ricevuto e qual è invece quello che daresti a chi vuole intraprendere la carriera di fotografa?

Il miglior consiglio, fammici pensare, forse un consiglio non indirizzato a me direttamente, ma che era uno stralcio di uno speech di Neil Gaiman, che mi ha colpito e “affondato”, per la semplicità e le verità espresse.

The urge, starting out, is to copy. And that’s not a bad thing. Most of us only find our own voices after we’ve sounded like a lot of other people. But the one thing that you have that nobody else has is you. Your voice, your mind, your story, your vision. So write and draw and build and play and dance and live as only you can. You have the ability to make art. The moment that you feel that, just possibly, you’re walking down the street naked, exposing too much of your heart and your mind and what exists on the inside, showing too much of yourself. That’s the moment you may be starting to get it right. And for me, and for so many of the people I have known, that’s been a lifesaver. The ultimate lifesaver. It gets you through good times and it gets you through the other ones. - Neil Gaiman

Se dovessi dare io un consiglio sarebbe forse questo: Fotografa ciò che conosci. Non si può, secondo me, raccontare di qualcosa senza averla conosciuta. Raccontarla in modo che possa emozionare. Perché di questo si tratta. Di emozionare. E puoi farlo solo se, con grande sincerità, le tue proprie emozioni impregnano l’opera alla quale stai dando mano. Altrimenti magari verrà fuori una “bella” fotografia, ma di cui lo spettatore vedrà solo la superficie. Ci sono milioni di “belle” fotografie. Ma non tutte possono essere “buone” fotografie. Le “buone” fotografie mettono chi guarda, e chi scatta, in relazione con un pezzo di mondo, quello chiuso nel frame e quello fuori dal frame. In relazione con la storia visibile e con la storia nascosta delle immagini. Con quella vita che pulsa e vive, dentro quella specifica immagine. Facci caso, è sempre quello lo spartiacque. La “vita” che si percepisce. Le emozioni che ne scaturiscono.

Hai realizzato questi primi scatti con la Diana Mini e la pellicola LomoChrome Purple. Raccontaci la storia che si nasconde dietro a queste foto.

In realtà mi ero prefissata di fare altro e di scattare alcuni ritratti a degli amici, ma poi ho preso la bici e sono uscita e mi sono ritrovata in giro per la mia città, anzi la città in cui vivo adesso, con la musica negli auricolari (salty sea*) e ho cominciato a scattare perché ho pensato che, in futuro, avrò piacere di ricordarmi di alcuni di questi posti sotto questa luce livida e invernale. La neve, sul mare. O il riflesso di quel sole gelido sull’acqua. Cose così. (Adoro il mare di inverno, è il mio habitat naturale. Sono cresciuta sul mare e credo di non potere vivere senza, nonostante ci abbia già ampiamente provato). Quindi ho pensato di realizzare delle (semplici) immagini che potessero ricordarmi di questo posto. Non i suoi monumenti, non le attrazioni turistiche, ma i luoghi che attraverso ogni giorno. La quotidianità e l’intimità di questi spazi. Che mi fanno sentire a casa, anche se sono - ancora - una straniera qui.

© Lulù Withheld - Diana Multi Pinhole Operator su pellicola Color Negative 400

Com’è stata l’esperienza con la fotocamera? Sei soddisfatta dei risultati ottenuti con la pellicola color-shifting?

La Diana Mini ha fatto breccia nel mio cuore, già dalla primissima volta che l’ho provata questa estate durante una call di Wild Romagna a Lido di Classe con Alexander Gonzalez Delgado e Gio Blonde. Ed è lì che me ne sono innamorata, perdutamente. Perché - come diceva Wenders - "Ogni foto è più dello sguardo di un uomo ed è superiore alle capacità del suo fotografo”. Ecco per me la Diana Mini simboleggia questo, questo trascendere il senso di controllo e lasciarsi andare. Come un saut dans le vide, ma con assoluta e meravigliosa consapevolezza. Una specie di atto di fiducia nei confronti della macchina e della pellicola utilizzate, con tutti gli imprevisti del caso. E - devo dire - che stavolta gli imprevisti sono stati proprio tantissimi. C’è stato un momento in cui mi è sembrato di prendere una di quelle carte del Monopoli, “fate tre passi indietro, con tanti auguri!”. La parola “soddisfatta” raramente mi sento di usarla riguardo al mio lavoro, ma in questo caso sì, dai, sono pienamente soddisfatta. Le immagini scattate in spiaggia mi rimandano esattamente al mood di quel giorno. Al freddo di quel giorno. Alla malinconia di quel giorno. Insomma, “la malinconia del presente” ha funzionato. Adoro questa pellicola. Il modo in cui la luce ne modifica i colori, in maniera sempre armonica. Per me è pazzesca, la sceglierei sempre. E ogni volta saprebbe come sorprendermi.

Hai inoltre scattato alcune foto con la Diana Multipinhole Operator su pellicola Color Negative 400. Avevi mai provato la fotografia stenopeica prima? E com'è andata?

Mai provata mai. Ed è stato spiazzante e bellissimo. Anche perché le prime volte hanno sempre un che di magico. All’inizio, durante il primo scatto, ero un po’ spaventata; non sapevo se ci fosse abbastanza luce, non sapevo bene come muovermi, se potevo affidarmi all’esposimetro. E poi è sopraggiunta tutta la parte emotiva come il trattenere il respiro, contare i secondi a voce e nella mente, restare immobili insieme al soggetto ritratto. È stato tutto molto coinvolgente, lontanissimo dal mio modo di lavorare che si basa più sull’immediatezza dei gesti nell’arco di un tempo più o meno lungo, che non il ritrarre qualcuno con invece una tale dilatazione del tempo, una dilatazione compressa però nell’atto di aprire e chiudere l’otturatore. Mi sono incasinata nel raccontare questa cosa, però ecco sì, posso dire che ho amato tantissimo il gesto del “fare fotografia” in questo frangente, il gesto. A volte il gesto passa in secondo piano mentre invece in questo tipo di fotografia è tutto correlato e tutto simultaneo. Come in un bacio.

Penso che sia implicito nel lavoro dell’artista provare a spingersi sempre un po’ più oltre, trovando nuove strategie e modi di lavorare, sperimentando con grande curiosità per trovare nuovi modi di dire e di fare per le proprie immagini. Questi ritratti sono stati scattati un pomeriggio a Bologna immaginando Bucarest, sempre durante una call di Wild Romagna. Le persone ritratte sono: Gio e Sara, in una doppia esposizione imprevista e - per me - assolutamente sensata, Alessandro, Giuseppe, Franka, Charles, Danny e Ariel.

© Lulù Withheld - Diana Multi Pinhole Operator su pellicola Color Negative 400

Condivideresti con noi il nome di una o più fotografe che apprezzi e che vorresti far conoscere ai nostri lettori?

Oh, che domanda complessa, sai che non so, sono troppe. Ultimamente poi ho stilato una lunga lista di fotografe, delle quali voglio approfondirne il lavoro, poiché in biblioteca ho trovato, in consultazione, volumi davvero interessantissimi. Però, ecco forse, qui mi sento di condividere invece i nomi delle fotografe che ho incontrato durante l’ultimo anno e mezzo per via di questo progetto (Wild Romagna, ancora) che sto portando avanti con la mia socia, Gio Blonde. Quindi sì, vorrei fare conoscere Gio, Era, Francesca, Lucy, Viola, Erika, Elena e tutte le altre talentuose fotografe che hanno incrociato il mio cammino quest’anno. Alle quali devo tantissimo. Si dice sempre che il lavoro del fotografo sia un lavoro individuale, e questo è vero. Anzi verissimo, direi inconfutabile. Ancora più vero per me che sono una persona timidissima. Ma fare comunità con delle persone fidate è - per quanto mi riguarda - una cosa pazzesca, poiché lo scambio di conoscenze e di punti di vista e di esperienze può solo arricchire il proprio lavoro e quello altrui, come in un abbraccio. In un modo bello e impensato.

Se potessi dire qualcosa alle altre fotografe di tutto il mondo, quale sarebbe?

Di non smettere mai di stupirsi, perché ogni volta la realtà si presenta a noi per la prima volta.


Grazie Lulù per questo meraviglioso racconto! Seguila su Instagram.https://www.instagram.com/lulu_withheld/

Scritto da ludovicazen il 2023-03-14 in #gear #persone

Lomography Diana Mini & Flash Half-frame & Square Camera

La Diana Mini utilizza rullini 35mm e realizza scatti sognanti e lo-fi. La fotocamera permette di scegliere tra scatti formato half frame e square frame. Presenta inoltre una funzione per la modalità Bulb e permette di realizzare lunghe esposizioni e crazy light painting!

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