Documentare i Viaggi in Analogico: Intervista a Romane Bourgeois

Abbiamo intervistato Romane Bourgeois, fotografa francese stabile in Italia - anche se "stabile" non è propriamente il termine che le si addice: Romane infatti è spesso in viaggio e porta sempre con sé le sue fotocamere analogiche.

© Romane Bourgeois

Ciao Romane, benvenuta! Potresti presentarti brevemente ai lettori del nostro Online Magazine?

Ciao! Che bello essere qui. Ciao lettori, grazie di esserlo. Mi presenterei iniziando a dire di dove sono, che non mi è mai semplice. Tecnicamente sono francesissima, ma ho vissuto in Italia per moltissimo tempo. Mi sento anche italiana ormai, nonostante le carte non lo attestino ancora. Detto ciò, non so bene di dove sono. Non mi sento radicata da nessuna parte, a volte è difficile da concepire ma d’altronde apre molte possibilità. Bisogna guardare il lato positivo. Ho 26 anni e mi occupo di vivere serena, fondamentalmente. Intorno a questo e per poterlo fare c’è la fotografia, la famiglia, le persone che costruiscono il mio bacino relazionale. I viaggi con il corpo. Il sapone. La mozzarella di bufala, la cioccolata, le macchinette brumbrum [ndr. pagina Instagram di Romane in cui recupera, testa e rivende fotocamere analogiche punta e scatta] e molto altro…tutto è fondamenta.

© Romane Bourgeois

Raccontaci del tuo background fotografico. Qual è la tua storia? Quando hai iniziato a fotografare?

La verità è che ho iniziato a fotografare perché dovevo scegliere un’indirizzo per il liceo ed ero piuttosto pigra. Le materie scientifiche non facevano per me (all’epoca) e ho deciso di andare all’artistico. Allora mi sono detta “beh, fotograferò”. L’estate prima del liceo ho fotografato con la macchinetta di mia nonna in vacanza. Mi piaceva. L’anno dopo, mi pare, ho candidato delle fotografie ad un concorso organizzato nella città in cui, a volte, vivo, ossia Bassano del Grappa. Ho vinto il primo premio! Niente di che, ma quando hai 15 anni queste cose ti gasano. Allora io ci ho creduto, mi sono detta “miizzz figo sta funzionando che bomba”. Poi è stato il riconoscimento delle mie persone a mantenermi carica negli anni. Ormai vivo la fotografia come una cosa normalissima che fa parte del mio quotidiano e del mio rapporto con questo. Amo le immagini! Amo il processo fotografico. Mi fa volare! A volte mi fa stare anche molto male, ma è naturale.

Molti dei tuoi progetti sono realizzati esclusivamente su pellicola, come mai questa scelta?

Fotografo su pellicola da quando sono partita per il mio primo viaggio da sola. Andavo in Vietnam. Studiare a me non è mai piaciuto, prima dell’università, quindi ho deciso di prendermi un anno sabbatico per lavorare e viaggiare dopo la fine del liceo. Ero spavalda. Le prime due settimane di viaggio sono state infernali, mi ritrovavo sempre in situazioni complesse e non riuscivo a rimettermi in riga. Forse troppo spavalda? Volevo andare nei luoghi più remoti e subito la lingua diventava un problema. Se non sai la lingua, non vi sono infrastrutture per turisti e sei in mezzo al nulla, è un attimo che il viaggio diventi infernale.

Era il primo viaggio.

Insomma ho deciso di approdare nella città di Nha Trang dove la mia guida Lonely Planet raccomandava la visita di due gallerie fotografiche. Ho lasciato lo zaino all’ostello e sono andata direttamente nella prima delle due. Faceva caldissimo. Era in un quartiere un pò periferico, in una casa. Mi ha aperto una signora piccolina, bellissima. La galleria era chiusa, l’ha aperta per me. Poi è arrivato quest’uomo. Me lo ricordo molto alto. Molto carismatico. Cicca in bocca. Parlava un inglese abecedario misto a francesismi. Spavaldissimo anche lui. Ha chiesto di vedere le fotografie che avevo scattato sulla mia macchinetta digitale. Gli sono piaciute. Mi ha detto di presentarmi l’indomani mattina alle 5 per andare con lui all’arrivo del pescato destinato al mercato di Nha Trang, per fotografare. Ero alle stelle. L’indomani mi presento, lui mi tende una Leica con pellicola bianco e nero montata su. È stato l’inizio di un’avventura incredibile per me. Mi sono fermata da lui più tempo del previsto, abbiamo sviluppato nella sua camera oscura, stampato le nostre fotografie. Per il resto del viaggio mi ha prestato una Voigtländer medio formato e regalato una scatola di rullini. Ho iniziato a vedere le cose diversamente con lui, Long Thanh. Una persona fantastica. Una figura paterna bellissima.

Tornata dal viaggio ho iniziato l’università. Non avevo troppa voglia di fotografare, dopo l’esperienza che avevo vissuto. È stato difficile tornare. È sempre difficile tornare…Ma piano piano, la voglia è tornata e mi sono data i mezzi per avviarmi in maniera autonoma nel mondo fotografico analogico. Tutto è successo come un’ovvietà. Un giorno ero a Berlino con la mia compagna dell’epoca e in mezzo ai mercatini ho trovato una macchinetta praticamente identica a quella che mi aveva prestato Long Thanh, solo che montava 35mm invece di 120. Non ho esitato a prenderla. Mi sono riaccesa. Non mi sento “fancy” nel fotografare con pellicola, semplicemente è un dialogo. Non rinnego il digitale, anzi. È solo che faccio fatica a capirlo.

© Romane Bourgeois

Sei in continuo movimento! Alcuni dei tuoi progetti fotografici sono stati realizzati durante lunghi percorsi in bicicletta o a piedi. Ci racconteresti qualcosa di queste esperienze?

Raccontare l’esperienza. Per me viaggiare è necessario. È un momento in cui mi sento libera e in totale apertura verso il mondo che mi circonda. È anche un modo per percepire le distanze e com’è abitata la terra. È soprattutto un modo per percepirmi terrena. Mi permette di sentire, conoscere, le potenzialità del mio corpo, confrontarlo con un’impresa di medio-lungo termine. Mi piace fissarmi degli obiettivi da raggiungere ed essere rigorosa con questi. Mettermi in situazioni di difficoltà, forte stress, sforzo psico-fisico eccessivo. Mi piace uscirne. Mi piace godere e prendere consapevolezza della fortuna che ho di poter arbitrariamente entrare ed uscire da questa condizione. Lo trovo molto formativo.

Per il momento ho fatto due progetti importanti legati a dei viaggi. Uno era la documentazione di un gran numero di impianti di incenerimento in Italia, per il mio progetto di tesi triennale. Sono partita in bicicletta con un’amica, ci abbiamo messo un mese e mezzo circa. Dal Veneto alla Calabria passando per la Puglia. L’altro è stato subito dopo la quarantena del 2020. L’estate, a luglio, sono partita a piedi da Trieste con l’intenzione di scendere fino a Otranto in Puglia e documentare la costa Adriatica (ero un po' fuori, non so se lo rifarei). C’erano vari motivi che mi spingevano a fare proprio quella tratta. Forse più di dovere che di piacere. Ad ogni modo l’ho fatta, che roba. Se ci ripenso mi do una pacca sulla spalla perché è stata davvero tosta. Ma sono soddisfatta del risultato e dell’esperienza che ho vissuto. Noi umani abbiamo questo bagagliaio immenso in cui immagazzinare esperienze da portarci appresso costantemente. Mi piace riempirlo.

Qual è l'attrezzatura fotografica che non può mai mancare durante i tuoi viaggi?

Non c’è. Ho un sacco di macchine fotografiche. Amo le macchine fotografiche. Hanno le loro specificità, i loro punti forti, le loro debolezze. Bisogna capire cosa si vuole fare e come lo si vuole fare. Per esempio, durante il viaggio a piedi lungo l’Adriatico, volevo una resa fedelissima al mio sguardo e allo stesso tempo il più leggero, compatto possibile. Ogni grammo avrebbe contato sulle spalle per due mesi sotto il sole cocente di luglio-agosto. Ho preso un corpo Nikomatt e ho comprato una lente 45mm sottilissima. 2,5cm forse? Ideale. Pesante comunque. Massiccia. Bellissima. La Nikomatt me l’aveva regalato Long Thanh l’anno dopo il mio passaggio da lui. Ho mandato un amico a trovarlo e questo se n’è tornato in Francia con delle macchine per me da parte di Long. C’è del sentimentalismo in quella particolare macchina, ma per il resto sono solo strumenti per raggiungere l’immagine finale.

La pellicola…fiuuuu pure lì, dipende dai progetti. Dipende dallo spessore del portafoglio anche. Soprattutto. La pellicola costa, la resa frustra. Mi piace rifugiarmi nel bianco e nero perché il colore è una sfida. Io scansiono i miei negativi e devo dire che a meno di avere uno scanner upper-level, la resa cromatica fa rizzare i peli. Io non sono per niente smanettona con il computer per ritocchi eccetera… A dire il vero, non sopporto lavorare a computer. Quindi non scatto molto a colori eheheh. La percentuale di dispiacere è molto più bassa con il bianco e nero.

© Romane Bourgeois

Nel tuo sito, scrivi che la tua fotografia vuole essere "una esposizione al problema che non lascia indifferenti". Quali problemi vorresti mettere in luce attraverso i tuoi scatti?

Forse hai trovato questa frase nel progetto sugli inceneritori, “Il paesaggio verticale”. Ho vissuto un periodo molto acceso e polemico (silenziosamente polemico) sul riscaldamento globale e le questioni che ne decorrono. Il mio obiettivo con quel progetto era appunto dare un panorama visivo nonché teorico, infatti il libro si suddivide in due parti, sulla questione dei rifiuti e sulle soluzioni che gli umani hanno trovato per farli sparire. Che cosa vuol dire, che cosa comporta. Che cosa causa alcuni tumori, perché?
È stato molto interessante per me imparare tutte queste cose. A posteriori mi sono detta che avrei potuto studiare scienze ambientali e diventare una super badass militante che cerca di salvare il mondo dalla plastica e dalle micropolveri… Ma no. Devo ammettere che mi sono calmata. Rassegnata? Oggettivamente ha molto più senso stare calmi e contemplare il disastro inevitabile vivendo sereni e consapevoli piuttosto che vivere con rabbia e frustrazione perché la popolazione non realizza il declino, lo schianto. Ma forse più che rassegnata mi definirei rassicurata. Sono rassicurata del fatto che, comunque vadano le cose, spariremo solo noi. Poi tutto riprenderà il suo corso piano piano, con la lentezza che è propria della terra e di cui noi ci allontaniamo costantemente, vertiginosamente.

Il pianeta vive anche senza di noi. Allora bella! Vivo la vita cercando comunque di prendere consapevolezza di quello che sta succedendo, di portare avanti i valori in cui credo, ma non cerco più attivamente di consapevolizzare gli altri. Le fotografie che scatto parlano? Bene. Non parlano? Bene. Io non ho più voce da dare a queste problematiche se non nel silenzio del visivo. Viaggiare con il corpo è anche un modo per capire come gira il mondo.

Consiglio vivamente la lettura di un libro molto bello pubblicato da Iperborea. Si chiama “Il tempo e l’acqua” di Andri Snær Magnason. Parla un po' di tutto quello che ci riguarda in quanto esseri umani senza distinzioni. Il tempo, l’acqua, la terra. Sarebbe bello che dall’oggi al domani l’intera popolazione planetaria si svegliasse cosciente e attivassimo collettivamente un processo inverso. Ma non accadrà. Va bene così.

© Romane Bourgeois

Hai in programma qualche progetto interessante che vorresti condividere con noi?

Ebbene si! Dopo mesi di silenzio fotografico, perché ovviamente si vivono delle crisi ogni tanto e vanno assaporate, sto lanciando un nuovo progetto intitolato “Passenans”. Si tratta di un libro, formato magazine, che avrà una cadenza qualchemestrale (ancora da definire) con sole immagini. Immagini di un luogo circoscritto, una casa, in cui avvengono mutazioni fisiche e relazionali. Immagini estremamente spontanee scattate nel pieno cuore di questa mutazione. Un’evoluzione dell’abitare. Forse un modo per mettere delle radici, forse no. O delle piccolissime radici importantissime. Non so ancora bene come parlarne, preferisco rimanere vaga perché ha una matrice molto personale nonostante si articoli in modo molto condivisibile. La fotografia è un linguaggio e quel libro va letto più che descritto. Come tutti i libri fotografici penso. È un work in progress importante per me ed è soprattutto un modo per non stagnare nel mio archivio digitale e renderlo cartaceo. Condivisibile. Concreto. È anche un modo per lavorare con delle persone di cui ho grande stima e con cui lavorare è gioia. Valore aggiunto, rende il tutto più prezioso. Mi da molta energia questo progetto, spero di realizzare tanti numeri! Sto anche facendo dei poster, il prossimo uscirà assieme alla rivista. Magari altre cose arriveranno ma non mi espongo per il momento (;


Guarda le foto e scopri i progetti di Romane su Instagram e nel suo sito.

Scritto da ludovicazen il 2022-08-09 in #persone

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