Lomography x Perimetro - 36 Shots About, la tua Storia in un Rullino: Intervista a Nastassia Isawi

Questa grande open call ha ricevuto più di 250 candidature e ha coinvolto un network di 39 partner tra istituzioni culturali, scuole di fotografia, riviste, laboratori e spazi creativi indipendenti che ci hanno supportato selezionando i progetti vincitori.

Sette fotografi per sette città (Bologna, Firenze, Milano, Napoli, Palermo, Roma e Torino) che hanno mappato questo viaggio attraverso le loro storie su pellicole Lomography 35 mm. Visioni libere e personali tutte diverse tra loro, senza regole o temi da seguire, per risultati che, in 36 scatti, riscoprono il piacere della sorpresa e la bellezza dell’imprevisto. Oggi vi presentiamo il progetto di Nastassia Isawi, intitolato Le Donne Palestinesi e realizzato su pellicola Berlin Kino 400 ISO.

© Nastassia Isawi - Pellicola Berlin Kino 400 ISO

Ciao Nastassia, benvenuta! Potresti fare una tua presentazione per i lettori del nostro Online Magazine?

Sono una appassionata fotografa con radici palestinesi e italiane. Negli ultimi due anni, la mia attenzione si è concentrata sulla Palestina, documentando la terra e la resilienza della sua popolazione - ho fatto della fotografia il mio mezzo per raccontare le sue storie.

Oltre alla mia passione per la fotografia, ho collaborato con diverse ONG, contribuendo allo sviluppo di campagne finalizzate a promuovere i diritti umani. Attualmente, sono coinvolta in una partnership con Amal, un'organizzazione non governativa che si impegna a cambiare la narrativa delle comunità musulmane nel Regno Unito.

Puoi raccontarci del tuo background fotografico? Quando é iniziato il suo viaggio nel mondo della fotografia?

La mia fotografia é sempre stata legata a viaggi, lontano dal quotidiano, con posti da esplorare e persona da conoscere.

Ho iniziato a fare fotografie durante i vari viaggi con la mia famiglia, soprattutto andando spesso in Giordania a visitare i miei nonni, zii e cugini paterni. Penso proprio che quei luoghi e quella parte del mondo mi abbiano ispirato, tra i volti segnati ed i panorami mozzafiato. Dal deserto Wadi Rum, alle acque del Mar Morto e Mar Rosso. Quindi tutto é iniziato un po’ così, nelle calde estati giordane, con una macchinetta digitale. Fino a quando non mi sono trasferita nel Regno Unito, dove tramite mostre, amici e varie opportunità ho scoperto la fotografia analogica, ed il suo fascino. Da quel momento in poi, non ho più fotografato in digitale, e quando viaggio porto con me solo la mia macchinetta analogica e tanti rullini.

Zuleikha © Nastassia Isawi - Pellicola Berlin Kino 400 ISO

Ci racconti dell'idea dietro questo fantastico progetto che, soprattutto in questo momento, assume un'importanza davvero rilevante.

L’idea principale nasce dal mio primo viaggio in Palestina, dove ho potuto conoscere e vedere la forza delle donne Palestinesi. Questa realtà sfida lo stereotipo occidentale riguardante le donne arabe e musulmane, dando luce a delle vite fatte di resilienza che si nutrono di resistenza e amore per il proprio popolo. Una resilienza che si vede tutti i giorni e in tutti i posti della Palestina. Per esempio, ad Al-Khalil (Hebron) incontrai Zuleikha che vive in una delle poche case del centro storico vicino a H2 che non sono state sequestrate dall’occupazione. Tuttavia, anche se ha una casa, Zuleikha non ha una porta d’ingresso e deve utilizzare la stanza sul retro del suo vicino, riproposta come unico punto di accesso al suo appartamento. Un giorno, durante la Seconda Intifada, Zuleikha trovò la sua porta di casa permanentemente sbarrata, e l’intera strada in cui viveva improvvisamente resa inaccessibile – per lei e tutti i suoi vicini palestinesi. Shuhada Street (la Via dei Martiri) fu la prima di molte aree nel centro di Al-Khalil che furono invase e occupate dall'esercito israeliano.

Non importa quanto l’occupazione militare abbia reso la sua situazione di vita scomoda, Zuleikha insiste che non lascerà la sua casa. Rifiutandosi di lasciare la sua terra, le sue radici e il suo diritto di esistere, Zuleikha continua a vivere nel suo appartamento in cui non entra alcuna luce: quasi tutte le sue finestre si affacciano su Shuhada Street e sono state sbarrate. Quando le viene chiesto perché é rimasta, risponde che l’unica forma infallibile di resistenza per il suo popolo – un popolo a lungo soggetto alla pulizia etnica – è la dimostrazione incessante della propria presenza. Semplicemente esistendo, i palestinesi resistono. Nella foto qui sopra, Zuleikha è in posa davanti al muro che separa H2 e H1 di Al-Khalil e il muro che non le fa raggiungere direttamente la sua casa.

© Nastassia Isawi - Pellicola Berlin Kino 400 ISO

Un’altra realtà che mi ha spinto a far luce sulla resistenza delle donne Palestinesi, é lo sport. Lo sport é sempre stato una ragione di unione e forza collettiva per tutti e in tutto il mondo, ma a Gaza lo sport, e in questo particolare frangente lo skate, é molto di più. E’ vita, é essenziale per continuare a vivere e sognare nella striscia di Gaza, dal 2007 sotto assedio Israeliano. La foto qui sopra riporta le ragazze della Skating Women team di Gaza che si allenano e prendono lezioni durante una delle classi settimanali guidata da Maha, la prima skater donna di Gaza. Nonostante le ragazze non abbiano uno spazio opportuno dove allenarsi, scelgono di farlo lo stesso e di affittare lo stadio di calcio di Gaza City dove, anche se non ci sono spazi adatti dove fare skate tricks, essendo tutto lo stadio piano, loro continuano imperterrite a utilizzare il poco che hanno e ad allenarsi. Oltre una società che non rende loro la vita facile e un’occupazione che le separa dal mondo levandogli molti diritti, questo gruppo di donne sono riuscite a creare una realtà di resistenza tramite le loro passioni e sogni.

© Nastassia Isawi - Pellicola Berlin Kino 400 ISO

Qual è il tuo legame con la Palestina, luogo dove hai scattato queste fotografie?

I miei nonni paterni sono Palestinesi di Jaffa, sono stati forzati nel 1948 a lasciare le proprie case e trovarono rifugio in Giordania; da quel momento in poi non hanno avuto il diritto del ritorno, ovvero tornare nella propria terra. Quando nel 1948 lasciarono la propria casa, andarono via con nulla, a parte le chiavi di casa, pensando che un giorno sarebbero potuti tornare, questo non é successo fino d’oggi.

Hala © Nastassia Isawi - Pellicola Berlin Kino 400 ISO

Qual è stato l'approccio con i soggetti di questo tuo progetto? Sono stati incontri spontanei o conoscevi già queste donne ritratte nelle tue fotografie? E che tipo di relazione è rimasta dopo averle fotografate?

Tutti i soggetti fotografati li ho conosciuti quest’anno (2023) durante il mio viaggio attraverso varie regioni della Palestina, da Gaza alla Cisgiordania, sia per motivi lavorativi che durante ritrovi con amici. Molte di queste donne e ragazze sono diventate mie care amiche in pochissimo tempo, e solo dopo averle conosciute ho deciso di coinvolgere nel mio progetto sulle Donne Palestinesi.

Le persone fotografate, sono state tutte ritratte in posti di valore e significato. Per esempio, il tetto più alto di Gaza dove ho ritratto Hala mentre suonava l’oud, purtroppo non esiste più dopo che il palazzo è stato bombardato da Israele il primo mese degli attacchi dello scorso Ottobre 2023.

Fatma © Nastassia Isawi - Pellicola Berlin Kino 400 ISO

Oppure Fatma nel giardino del centro culturale, che era un luogo segreto d’arte e svago per i giovani di Gaza, e poi Lila una tattoo artist Palestinese nel tetto di una casa abbandonata vicino Ramallah, e Nisreen davanti ai graffiti che ha fatto proprio lei, nel giardino di casa sua, che ritraggono la moschea di Gerusalemme Al-Aqsa. Negli occhi di Nisreen traspare tristezza perché lei non può visitare quella moschea nonostante la vicinanza della sua casa a Gerusalemme. Un checkpoint la separa d’ Al-Aqsa, e solo attraverso un permesso specifico, spesso negato ai Palestinesi, può superarlo.

© Nastassia Isawi - Pellicola Berlin Kino 400 ISO

Le tue foto sono piccoli estratti della vita quotidiana di queste donne. Credi che la coralità delle immagini unificate possa essere un primo passo verso l'abbattimento degli stereotipi delle donne musulmane?

Penso che queste foto siano soltanto un breve capitolo nel lavoro che già molte donne musulmane stanno portando avanti, dimostrando la loro capacità di rivoluzionare la società in modi che talvolta sfuggono persino alle donne occidentali, incapaci di empatizzare appieno con la realtà delle donne in Palestina. In particolare, in questo momento critico, penso alle donne a Gaza che, costrette ad abbandonare le proprie case e tutto ciò che possiedono, affrontano situazioni disumane. Alcune di loro sono in gravidanza, vivendo in condizioni estreme, mentre sono costrette a cercare rifugio di casa in casa, senza accesso a prodotti igienici di base. Molte di loro hanno il ciclo mestruale senza la possibilità di accedere a assorbenti o tamponi, e persino senza acqua pulita. Ciò solleva interrogativi su dove si trovino le femministe che dovrebbero sollevare la loro voce su tali questioni.

© Nastassia Isawi - Pellicola Berlin Kino 400 ISO

Personalmente, credo che questo argomento sia collegato a un discorso più ampio sulla percezione dell'Occidente nei confronti delle donne arabe e musulmane, come sottolineato dalla scrittrice palestinese Asmaa al-Atawna:

“Le donne subiscono discriminazioni ovunque, a Gaza, in Germania o in Francia. Le stiamo tutte combattendo. Non voglio propagare questo stereotipo della donna araba repressa e velata. Questo è ciò che l’Occidente vuole vedere in noi, ma non siamo così. Questa forma di Orientalismo è una fantasia occidentale che non corrisponde alla realtà. Le donne sono represse in tutto il mondo, non solo nella nostra cultura araba e musulmana. Per favore, non incasellateci”.

Sono parole importanti di Asmaa al-Atawna, durante un’intervista in occasione dell’uscita del suo romanzo Missing Picture, in cui racconta la vita di una ragazza ribelle, lei stessa, che a Gaza lotta a scuola e a casa. Dopo essere fuggita in Europa, dovrà anche lì lottare per la sua autodeterminazione.

© Nastassia Isawi - Pellicola Berlin Kino 400 ISO

Ho scelto di citare le parole di Asmaa perché sintetizzano in poche frasi la percezione dell'Occidente sulle donne arabe e musulmane, evidenziando il mio obiettivo di superare tali stereotipi. Attraverso pochi scatti, cerco di celebrare la forza delle donne in Palestina, dove l'arte, il lavoro, la costruzione di una famiglia e persino il rimanere nelle proprie case si trasformano in forme di resistenza.

Come mi disse Sada Tamimi quando l’ho incontrata nel suo negozio di Al-Khalil (Hebron):

“Essere sotto Occupazione non vuol dire semplicemente essere seduti dentro casa, aspettare che un giorno le cose migliorino, e piangere nel frattempo. Assolutamente no. Noi donne, continuiamo a muoverci, a creare possibilità per il nostro futuro e ad essere forti, per noi stesse, per la nostra famiglia e per il nostro popolo.”

E quindi…mentre si occupano delle loro famiglie, lavorano, avviano i loro primi progetti imprenditoriali e si nutrono di arte, queste donne continuano a lottare per l'indipendenza palestinese, contro l'occupazione israeliana e sfidano il patriarcato dominante in entrambe le società.

© Nastassia Isawi - Pellicola Berlin Kino 400 ISO

Hai realizzato questo progetto con la nostra pellicola Berlin Kino 400 ISO: come mai questa scelta e quali caratteristiche ti hanno colpito particolarmente di questa pellicola?

Ho scelto la Berlin Kino, perché ricorda le foto del cinema degli anni Sessanta e, con i suoi bianchi e neri, volevo dare un effetto senza tempo a queste immagini delle Donne Palestinesi, sperando che vivano nel tempo, e siano una testimonianza di queste lotte.

© Nastassia Isawi - Pellicola Berlin Kino 400 ISO

Quale fotocamera hai utilizzato?

Per questo rullino ho utilizzato la mia macchinetta analogica Kodak AE1.

Avere solo 36 scatti a disposizione è stato per te uno stimolo oppure un limite per il tuo processo creativo?

In qualche modo é stato uno stimolo, per diversi motivi. Uno stimolo perché mi ha spinto a fare il massimo nel tempo disponibile mentre ero in Palestina, ma anche a scattare pochissime foto ad un soggetto/situazione, quindi mi ha ispirato ad essere decisa, concentrata su tutte le variabili di luce/ombre/movimenti, perché sapevo che avevo solo pochi scatti disponibili. Ho sicuramente dato più valore ad ogni scatto fatto.

© Nastassia Isawi - Pellicola Berlin Kino 400 ISO

Non appena questa situazione cesserà, ti piacerebbe continuare a documentare per un lungo periodo la vita di queste donne ed allargare quindi il tuo progetto?

Sicuramente vorrei continuare questo progetto incentrato sulla figura femminile in Palestina: penso che queste recenti aggressioni stiano facendo ancora di più parlare della Palestina e delle donne e che ci sia una conoscenza e coscienza più approfondita ora della situazione Palestinese. Quindi, é proprio questo il momento di continuare a documentare queste storie, mostrare questi volti e far sentire queste voci che spesso vengono azzittite dall’occupazione e dai media Occidentali.

Continuare questo progetto, sarebbe anche un’opportunità per andare a rincontrare le persone presenti in queste foto e raccontare il loro quotidiano dopo queste continue aggressioni che stanno rendendo la loro vita sempre più complicata.

Zuleikha © Nastassia Isawi - Pellicola Berlin Kino 400 ISO

Grazie Nastassia per aver condiviso con noi le storia di tutte queste donne. Seguila sul suo profilo Instagram per vedere tutti i suoi progetti.

Scritto da melissaperitore il 2024-01-12 in #gear #35mm #italia #gaza #palestina #fotografia-analogica #concorso #rullino #pellicole-lomography #lomographyitalia #open-call #perimetro #36-shots-about

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